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Libero

L’Europa dichiara guerra al vino e al cervello … Dichiarare guerra al vino è la cosa più stupida che l’Europa possa fare, ed è tra le più pericolose per la nostra economia visto che il comparto ha un fatturato in crescita che supera i tredici miliardi all’anno. Partiamo da una certezza: il vino in sé non è per nulla nocivo (semmai è vero il contrario), a creare problemi è il suo abuso alla pari di qualsiasi altro abuso in ogni campo del vivere. I nostri produttori sono tra i migliori al mondo, per qualità ma anche per cultura, metterli sullo stesso piano degli spacciatori di sostanze tossiche, ma anche solo pensare di mettere loro i bastoni tra le mote, è cosa, questa sì, criminale. Per pura coincidenza ieri sono stato in visita in una delle più prestigiose cantine al mondo, un concentrato di architettura, tecnologia, storia e tradizioni. E di lavoro, lavoro vero che coinvolge alcune migliaia di persone preparate e appassionate. Insomma, ho visto in faccia l’Italia che ci crede e che non chiede di essere assistita ma semmai liberata. E ho visto ettari ed ettari di terreni tenuti come il salotto buono di casa e che senza queste cure, e questi investimenti, sarebbero distese di sterpaglie. Il vino non è soltanto la bottiglia che ci arriva in tavola, è una filiera che si occupa di tenere in ordine l’Italia, difficile che la natura faccia disastri tra i filari di viti sorvegliati notte e giorno da uomini competenti. Ma di tutto questo cosa ne sanno a Bruxelles? Che ne sanno i virologi che in crisi di astinenza mediatica stante il calare dell’interesse sul Covid - vedi Antonella Viola - lanciano allarmi sul “vino che restringe il cervello”. Io penso che, risultati alla mano, il cervello dei nostri produttori di vino sia assai più sviluppato sia di quello di certi virologi che dei burocrati dell’Unione europea (ma questo era già noto). Attenzione, perché quella che sembrava nata come una boutade - scrivere sulle bottiglie che il vino uccide - sta diventando una questione seria. Si parla di vino ma in gioco ci sono libertà personali e collettive importanti, per esempio quella di non vivere sotto la cappa di uno stato etico che vuole imporci cosa bere, mangiare e via così anche pensare.

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