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Libero

Un museo per il sovrano dei rossi… Nelle stanze di sua maestà un viaggio alle radici del vino … Il castello di Barolo è diventato un vero tempio contemporaneo al dio Bacco… Settembre. Mese decantato da aulici versi e grandi letterati come il mese in cui Bacco si risveglia, racco- glie le uve maturate al sole di Apollo e le vendemmia. E proprio Settembre ha scelto il Piemonte per inaugurare il Wi.Mu.-Wine Museum, alias il Museo del Vino, ospitato nell’antico Castello Comunale Falletti di Barolo, in provincia di Cuneo. Non poteva che sorgere in questa location, nel borgo che ha dato i natali e il nome a uno dei vini più prestigiosi d’Italia, rifugiato in paesaggi di colline pettinate a vigneti, con magia e colori che solo le vigne al tramonto sanno regalare allo sguardo e all’anima. “Altro il vino non è se non la luce del sole mescolata con l’umido della vite”, scriveva Galileo Galilei. Scienziato d’innovazione che ha ispirato la matrice del museo di impronta non certamente classica. Un museo concepito – secondo il pensiero dell’architetto François Confino, ideatore del progetto - non come una semplice vetrina dove si “guarda” soltanto, ma dove si viene travolti da atmosfere, citazioni, scoperte e curiosità. Un museo come un sistema aperto; incipit o finis! O punto di partenza o punto di arrivo di un percorso che l’enonauta compie nel panorama vitivinicolo piemontese, gustandone il valore e il senso, vivendo la sintesi tra territorio e vino. Ma l’innovazione non dimentica la tradizione, anzi la sposa. Il Piemonte e Barolo offrono agli occhi dei visitatori ciò che essi vivono e respirano da più di quarant’anni quando negli anni Settanta la rotta “centripeta” verso le città s’invertì e i giovani tornarono alle campagne e alle loro origini per coltivare i campi. Vino ad onor del vero nato oltre due secoli fa e subito riconosciuto come principe dei vini. Lo slogan del museo è “Quello che non c’era, ora c’è”. E molto si deve ai vecchi proprietari del Castello, i Falletti. Fu la marchesa Giulia di Barolo (al secolo Juliette Colbert) - insieme ai suoi amici Silvio Pellico (bibliotecario del Castello, a cui è dedicata una sala) e Conte Camillo Benso di Cavour – la prima a credere nelle potenzialità di questo “nuovo Nebbiolo” e a promuoverlo presso la corte reale di Torino. A testimonianza di un sogno tramutatosi in realtà dopo oltre tre anni, la presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia, dichiara come la produzione vitivinicola sia “un tassello fondamentale del patrimonio di saperi della Granda. Rappresenta, inoltre, parte importante nella storia dell’economia locale che merita adeguato rilievo. Per questo il nascere di un Museo del Vino nel castello di Barolo è iniziativa doppiamente apprezzabile: alla valorizzazione di un bene architettonico di pregio unisce, infatti, la promozione dei saperi locali indispensabile per quella crescente fruibilità turistica del nostro territorio che è obiettivo prioritario per la Provincia di Cuneo”. Il Wi.Mu. celebra il vino in venticinque sale disposte su ben cinque piani. L’epopea enoica inizia dall’ultimo piano, con la genesi del vino. Bevanda prediletta dagli dei, archetipo della vita dell’uomo, il vino mostra gratitudine agli elementi della natura che gli consentono la vita: sole, luna, sapienza della mano, lavoro. Tempo! Perché è il tempo a scandire le stagioni, a ritmare la vendemmia, a pazientare che il vino diventi nettare nella botte al buio delle cantine. Perché solo nell’oscurità può brillare la luce, come quella del corpo celeste scoperto dall’astronomo Edward Bowell nel 1985 e ribattezzato “Barolo”. Ad ogni stagione corrisponde un’attività nei campi e il ciclo di miniature delle Très riches heures del Duca di Berry (1411-1416) lo mostra accompagnato dal movimento del carosello che i visitatori stessi possono azionare pedalando. Al secondo piano il vino viene raccontato attraverso la storia dell’umanità: pittura e fotografia (un’antica macchina fotografica attraverso la finestra che affaccia sulle colline delle Langhe cattura 365 momenti di un paesaggio magico e diverso ogni giorno dell’anno), cucina e cinema, musica e letteratura, miti e tradizioni. Scendendo, si scopre il piano nobile del castello dedicato al profondo legame che unisce il vino Barolo alla famiglia Falletti e al territorio circostante. E dopo il vino evocato e narrato, ecco il vino da vivere e gustare. Al primo piano seminterrato il Tempio dell’Enoturista accoglie la pienezza del piacere sensoriale con le degustazioni dei più grandi vini sotto la guida di esperti e sui banchi di scuola dell’ex Collegio Barolo (la marchesa, nelle volontà testamentarie, espresse il desiderio di trasformare il Castello in istituzione scolastica e così fu dal 1875 al 1958) un maestro virtuale riassume e “interroga” i visitatori sul loro peregrinare. L’iter sfocia nel cuore del castello, le antiche cantine, che oggi ospitano l’Enoteca Regionale del Barolo. Qui riposano in totale 180 etichette, tra cui le più memorabili e prestigiose annate del Barolo, e qui si può acquistare un dionisiaco ricordo delle Langhe. Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9:30 alle 19:30, eccetto i giovedì dal 15 novembre; è chiuso a Natale, Capodanno, e dal 9 gennaio al 28 febbraio. Il costo del biglietto è di 7 euro, con ingresso gratuito per i minori di 14 anni, per gli over 70, per i disabili e accompagnatori. Per info e prenotazioni 0173 386697 o www.wimubarolo.it . E per chi desidera godere dei paesaggi delle Langhe e Roero, visitare qualche cantina, scoprire qualche luogo d’incanto, www.langheroero.it .

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