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Il vino italiano scaccia la crisi con la forza del suo export … È boom per l’export del vino italiano. Ad ottobre 2010 (secondo i dati Istat), 2,1 milioni di ettolitri sono stati venduti oltre confine per un controvalore di 385 milioni di euro. Si tratta di una crescita del 13% per i volumi e del 14% per i valori. Le esportazioni sono cresciute in tutte le categorie in modo omogeneo: per i vini sfusi +17%/+19% per valore e volume rispettivamente, per i vini imbottigliati +14%/+10% e per i vini spumanti +11%/+12%. Una tendenza confermata anche da molte delle aziende vitivinicole più importanti del Bel Paese che, sentite da WineNews, hanno dichiarato un aumento significativo delle esportazioni a fine 2010 (in crescita per il 90% del campione sondato), con una percentuale media di incremento del 14%. Ma la geografia delle esportazioni sta lentamente cambiando. Tre grandi mercati storici per il vino italiano (Usa, Germania, Regno Unito) stanno lentamente perdendo la loro leadership. Nel 2006 erano il 62% delle esportazioni a valore e volume, ad oggi sono scese al 58% dei volumi e al 55% dei valori. A “presidiare” un mercato storico come quello americano, che,
comunque, resta un punto di riferimento irrinunciabile per l’Italia del vino, Vinitaly, ormai non solo il marchio di una delle fiere di settore più importanti al mondo, ma anche un potente strumento di
promozione internazionale dell’enologia italica. L’ente fieristico veronese ha avuto l’onore di suonare la “campana” di chiusura del Nasdaq, il 24 gennaio a New York. A “bagnare” con un brindisi made in Italy uno dei luoghi di riferimento per la finanza mondiale, il Brunello di Montalcino di Castello Banfi, con Cristina Mariani May, e l’Amarone della Valpolicella di Allegrini, con Marilisa Allegrini sul palco, insieme al direttore generale di VeronaFiere, Giovanni Mantovani. Un’iniziativa prestigiosa e riservata a pochi, quella di suonare il “Big Red Botton” che chiude la seduta di borsa del Nasdaq, luogo simbolo del mercato americano, in cui “l’Italia è il primo esportatore - ha sottolineato Mantovani - con una quota di mercato del 33%, e che per il Belpaese rappresenta il primo mercato estero, con più di 2 milioni di ettolitri e un valore di un miliardo di dollari ogni anno”. Ma l’attività di Vinitaly non si è ferma al Nasdaq: il giorno successivo, nel Waldorf Astoria Hotel, si è parlato di vino e storia italiana, con la presentazione ai newyorkesi del progetto della “Bottiglia del 150° dell’Unità d’Italia”, nata da un’idea del presidente
di Veronafiere, Ettore Riello, e lanciata nel Vinitaly 2010 a Verona per la storica visita del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, e subito accolta dal Quirinale con grande entusiasmo ed inserita tra gli eventi maggiormente significativi per l’anno delle celebrazioni.
Il progetto prevede la selezione di 40 vitigni per realizzare un vino rosso e uno bianco che siano la summa delle 20 regioni del Belpaese, e che rappresenteranno ufficialmente la ricorrenza della fondazione dello Stato italiano anche all’estero. A ribadire l’importanza del mercato statunitense anche lo “sbarco”, oltreoceano, previsto per l’inizio di febbraio, dei Consorzi del Brunello di Montalcino, Consorzio del Chianti Classico, Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano e Consorzio di Conegliano e Valdobbiadene Prosecco Superiore, che, siamo all’edizione n.2 dell’iniziativa promozionale, condurranno insieme un tour, l’”Italian Wine Masters”, che toccherà Miami e New York. Una importante occasione per “tastare il polso” a un mercato che taluni considerano “maturo”, ma dove, storicamente, il vino italiano occupa saldament la posizione di leader.

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