02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Libero

La lectio magistralis di monsignor Ravasi … Quando le bollicine sono un bene culturale … Il vino non è una semplice bevanda, ma qualcosa che fa parte delle nostre radici profonde. Di ciò che, senza alcuna retorica, si chiama cultura. Anzi, questa è la sua “funzione” principale, dato che la tavola è da sempre al centro di rituali che investono i campi della spiritualità, dell’etica sociale, insomma, delle relazioni umane. E, quindi, anche della religione. Si pensi ai banchetti per tutti i “riti di passaggio” come le nozze, a quelli che rivestono un ruolo centrale nella cultura dell’ospitalità, dove il “viandante” doveva essere sfamato e onorato tramite il convito, o - ancora oggi in molti Paesi - i funerali, fino alle celebrazioni delle maggiori festività sull’“altare” della tavola. Pane e vino, d’altronde, sono i pilastri portanti della liturgia cristiana, dove il pane diventa il corpo di Cristo ed il vino il suo sangue, che si dona ai credenti come Gesù lo dona ai discepoli nell’ultima cena. Ma è l’intera Bibbia ad essere piena di riferimenti al vino, come espressione di festa e di allegria, come è stato illustrato nella Lectio Romana “Il simbolismo del cibo nella Bibbia”, alla Fondazione Memmo,a Roma il 1° febbraio, una conferenza-analisi della simbologia profonda del pane e del vino nella nostra civiltà, promossa dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, e coordinata da Alessandra Borghese per “ExpoMilano 2015”, con la partecipazione del sindaco di Roma, Gianni Alemanno e di quello di Milano, Letizia Moratti. Si pensi, ad esempio, al Salmo 104, 15 “allieta il cuore dell’uomo”, ad Amos 9, 14 “verranno giorni in cui dai monti stillerà il vino nuovo e colerà giù dalle colline”,o a Isaia 25, 6 “preparerà al Signore degli eserciti un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati”. Ecco cos’è il vino nella nostra storia e nella nostra cultura, un elemento-alimento che cementa la vita
comune, rappresenta l’armonia e la pace. All’insegna del “bere consapevole”, sin da allora: si pensi al passo biblico “il vino è come la vita per gli uomini,purché tu lo beva con misura. Che vita è quella di chi non ha vino? Esso, infatti, fu creato per la gioia degli uomini. Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e a misura. Amarezza dell’anima è il vino bevuto in quantità, con eccitazione e per sfida. L’ubriachezza accresce l’ira dello stupido a sua rovina”.
Storia di 2.000 anni fa, ma molto, molto attuale. E, allora, riscoprire il valore culturale e, volendo, spirituale del cibo e del vino significa “alimentare” la civiltà. E riflettere. Viviamo in “una società sbrigativa e superficiale, che ingurgita cibi a caso in un fast food, che ignora lo spreco alimentare, che si oppone all’ospitalità”, ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi. Una logica, quella del fast food, che sta all’opposto di quella cristiana. Dove è forte il legame ai corpi, alla storia, all’esistenza e, quindi, anche al cibo, nella sua accezione più vasta e culturale. “Per questo -secondo Ravasi- ritornare
alla civiltà e alla simbologia del cibo ha un valore culturale e spirituale”. Basta pensare alle scene bibliche dove è il cibo il protagonista della simbologia della comunione - sociale e affettiva - umana: dal “dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati”alla mensa che Gesù allestisce per la folla che lo segue. Il cibo non è alimentazione meccanica del corpo, ma, al
contrario, cura del rispetto per ciò che si mangia, per come lo si mangia e per coloro con i quali lo si mangia. D’altronde, lo diceva anche lo scrittore inglese Charles Lamb: “Detesto l’uomo che manda giù il suo cibo affettando di non sapere che cosa mangia. Dubito del suo gusto in cose più importanti”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su