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Libero

Un’Italia spumante … In 50 anni la terra tra l’Iseo e l’autostrada è diventata il vero paradiso dello Chardonnay … Esco dal casello di Rovato con Gioacchino Rossini. Ho ficcato il CD nello stereo per zittire il GR che sciorina il bollettino della crisi. A squarciagola canto: “Destino maledetto, non ce la puoi ficcare, e tutti a tuo dispetto andiamo a giubilare”. E’ un mottetto dal Viaggio a Reims e sto andando verso la nostra Reims. Non s’adontino gli altri spumantisti - dagli ipertrofici profeti del Prosecco che si vanta d’essere il petillante più venduto al mondo ai trentini così ricchi di Talento, dagli astigiani che hanno un po’ svenduto il Moscato agli oltrepavesi che ora con il pinot nero cavalcano l’onda della spuma di moda - ma il nostro Champagne sta tra l’autostrada e il Lago d’Iseo sorvegliato dal Monte Orfano, accarezzato dalle frizzanti arie camune che dai rilievi morenici precipitano a rinfrescare questo ubiquitario giacimento di Chardonnay. La Franciacorta è un unicum: ha storia antichissima e appeal prepotente e recente. Si celebra oggi e domani nel suo festival. E’ uno dei pochi territori da vino circondato dalle zone industriali eppure di una ruralità esplicita e solare. Soprattutto è il solo che in mezzo secolo sia passato dal nulla al successo mondiale. Ha una data di nascita: il 21 giugno 1961 quando Franco Ziliani, ora ottantenne, stappò le prime bottiglie metodo classico della “Berlucchi”. Poi venne un giovanissimo Maurizio Zanella, ora presidente del Consorzio, che ha fatto grandissima Ca’ del Bosco e gli Uberti, e i Fratelli Berlucchi (fanno una specialissima festa nella loro cantina) e i Ricci Curbastro. Un manipolo di vignaioli. La potenza e l’intelletto ce l’hanno messa gli imprenditori. A cominciare da Vittorio Moretti che per scommessa con il suo amico scrittore-bevitore Gioanin fu Brera ha creato i migliori spumanti d’Italia capaci davvero di suonarle ai francesi complice la perizia di Mattia Vezzola, un enologo-intellettuale. Così è nata Bellavista e poi Contadi Castaldi e quel relais inimitabile: l’Albereta, la casa-galleria d’arte di Moretti che è un’isola di lusso non ostentato, di benessere e di essere-bene. Ma altri imprenditori, come i fratelli Muratori, come il gruppo Villa, come il vignaiolo più famoso d’Italia, Piero Antinori, sono venuti a fertilizzare con la qualità totale queste terre. Che siano le Marchesine o la Ferghettina - cantine-bomboniera - o la Berlucchi da centina di migliaia di bottiglie, che siano Bellavista o Ca’ del Bosco - aziende leader in tutti i sensi - o boutique dello spumante come Monterossa o artigiani dello sparkling come Maiolini, qui in Franciacorta c’è una tensione unanime e una concezione moderna del fare vino. Per questo degusto - e vi propongo - non le bottiglie al top, ma la produzione media e a maggiore tiratura. Resta però il fascino antico, per esempio al Convento dell’Annunciata che ha ancora la vigna murata dove capisci cosa fossero le Corti Franche dei monaci benedettini che la colonizzarono e la battezzarono. Resta la magnificenza del paesaggio increspato di colline che si rincorrono fino alle Torbiere del Sebino e poi alle rive del lago di zaffiro: Iseo. E’ un territorio gioioso. Inevitabile che i suoi vini siano An die Freude, e qui Beethoven ci sta come il Franciacorta sui crostacei! Il parallelismo tra Erbusco e Reims non regge architettonicamente, ma regge per storia e origini, per eleganza del vino. Hanno influssi romano-celtici, esaltano entrambe lo Chardonnay, uniscono gioia di vivere e allure aristocratica. Solo che a Reims si danno delle arie, a Erbusco c’ è aria di festa. Arrivarci, passando per Adro, Monticelli Brusati, Capriolo (qui c’è il museo dei Ricci Curbastro che è un giusto memento: la terra è fatica) fino all’incanto d’Iseo, è un viaggio lirico. Compitelo oggi e domani:c’è in cantina il Festival del Franciacorta con degustazioni, sfizi gastronomici, spettacoli, pacchetti turistici, bus del vino, tour e scoperte enoiche sorprendenti (info:www.festivaldelfranciacorta.it). La Franciacorta dopo averci accarezzato con il Saten (ha perlage più delicato) dopo averci appagato con la polpa dello Chardonnay, ora si è data a fare i dosage zero (niente di zucchero in fermentazione) a permanenza sui lieviti oltre il lustro, ad aumentare la quantità di pinot nero nelle cuveé, a puntare sui millesimati, insomma alla sfida totale con Reims. Il successo mondiale di questi vini - gli spumanti italiani sono i più venduti al mondo - che poggia sulla triade passione, capacità imprenditoriale, qualità assoluta, mi suggerisce: facciamola Corta, la Francia (degli spumanti) è qui!

Bellavista Gran Cuvée Un pas operé incontro di prevalente Chardonnay con Pinot Noir. Perlage eterno, finissimo, sensazioni d’agrume e di verbena. Un capolavoro (€ 41)

Ca’ Del Bosco Cuvée Prestige Chardonnay prevalente per questo spumante elegante, croccante, accattivante, bello nella sua bottiglia trasparente. Al palato è rotondo, al naso incantevole (€ 26)

Berlucchi Cuvée Imperiale Metà Chardonnay, metà Pinot Noir uguale: gran vino. Si sentono i lieviti al naso in un contesto di fiori bianchi, la spuma è di classe, il palato di rara armonia (€ 25)

Monterossa Brut Cabochon Esaltazione dello Chardonnay (c’è anche del Noir) in un vino che ha polpa, grassezza, perlage finissimo, intensità lunga al palato e fragranze gioiose (€ 37)

Fratelli Muratori Dosaggio Zero Chardonnay in purezza in uno spumante che ha nerbo, quasi nervoso. Al naso regala lieviti e ananas, al palato è austero. Spuma finissima (€ 39)

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