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Libero

Il guru Dubourdieu ... Fate il vino secondo natura ... Si è svolto il 21 gennaio a Conegliano, promosso dalla Scuola italiana di potatura di Marco Simonit, un convegno sul valore agricolo del vino e della vigna. Tra i relatori Denis Dubourdieu uno dei massimi enologi mondiali. Ecco una sintesi del suo intervento che riceviamo e volentieri pubblichiamo. ... L’attuale situazione vitivinicola mondiale è caratterizzata da un’offerta eccedentaria. La domanda mondiale aumenta regolarmente da qualche anno in forza dei nuovi mercati (Usa, Asia, Russia, Gran Bretagna, Brasile, Europa del nord) ma non riesce ad assorbire l’eccedenza di produzione. E questo a causa di due ragioni: l’aumento delle superfici vitate in particolare nell’emisfero Sud e la riduzione di domanda nei paesi tradizionali: Francia, Spagna, Italia. Nello stesso tempo c’è un’omologazione dello stile dei vini dovuta all’utilizzo globale di pochissimi vitigni internazionali e all’industrializzazione del vino con uso massiccio di aromatizzanti ed edulcoranti. A questa standardizzazione si aggiunge una banalizzazione e un eccesso di proliferazione delle denominazioni. In più vi sono devastanti effetti della concorrenza: ribasso dei prezzi, riduzione dei margini di profitto per i produttori e a più a lungo termine il rischio di un’erosione delle superfici coltivate. La difesa per la viticoltura europea è la creazione di valore. Grazie alla diffusione delle conoscenze tecniche oramai si sa produrre in diverse parti del mondo vino a bassissimo costo. Le condizioni essenziali perché ciò avvenga sono ben note un clima caldo e relativamente secco, la possibilità d’irrigare se serve e manodopera a basso costo. I produttori che non possiedono tutte queste caratteristiche avranno perciò sempre costi di produzione più alti rispetto a chi produce in zone calde. Sono perciò condannati a ricercare la massima valorizzazione dei loro prodotti. Ma non è affatto agevole produrre un vino a forte valore aggiunto. Oggi più che mai questa valorizzazione è il combinato disposto di fattori naturali, umani, finanziari, commerciali, di conoscenza tecnica e soprattutto di tempo. In un contesto d’offerta limitata il valore del vino, come quello dell’arte, risulta dall’incontro di tre comunità egualmente esigenti sulla qualità: i produttori, i clienti e i commercianti. La critica, che pure orienta il cliente, gioca un ruolo essenziale ma non decisivo. Contare troppo sul ruolo della critica è rischioso perché il vino è sempre e comunque figlio dei clienti. A parer mio infatti ci sono cinque parametri che valorizzano un vino agli occhi del consumatore. Questi sono: l’immagine, il prezzo, la tipicità, la capacità d’invecchiamento e il rispetto dell’ambiente dove quel vino è nato. Ognuno di questi fattori è necessario, nessuno da solo è sufficiente. L’immagine è essenziale: ci vuole tempo a costruirla, un attimo a distruggerla. Ma non basta. Il prezzo deve essere il più stabile possibile. La tipicità è il fattore chiave di un vino. La manifestazione del terroir è essa stessa il gusto del vino. La capacità d’invecchiamento di un vino che sviluppa nel tempo la sua originalità è un fattore determinante. Ma oggi la necessità di tutelare l’ambiente si impone a tutta l’umanità in maniera stringente sia per la propria sopravvivenza sia per perseguire stabilmente un corretto sviluppo economico. Il vino è il simbolo della festa e della felicità, ma nel futuro non gli sarà più sufficiente di essere buono o addirittura migliore di sempre: dovrà essere l’essenza di una natura preservata, di un giardino epicureo intatto, che è parte integrante della sua immagine, componente essenziale del suo valore. E tuttavia tipicità e valore di un vino non si ottengono se non in situazioni limite. Il terroir non è un privilegio, né un dono della natura. Al contrario: è una condanna. A Bordeaux piove troppo e c’è un clima atlantico: al limite per le uve rosse. Egualmente nelle Langhe si coltiva al limite, così nel Duero o in Alsazia, o ancora sul Carso. In queste condizioni i costi di produzione non possono esser bassi, ma quando gli handicap iniziali sono superati e quando l’annata è quella giusta allora la tipicità dei grandi Bordeaux, come dei grandi Barolo o degli altri grandi vini coltivati in condizioni limite è insuperabile e inimitabile. Perché vinificare, nel senso più nobile del termine e della pratica, consiste nel guidare, intervenendo il meno possibile, il processo naturale di trasformazione dell’uva in vino per rivelare il gusto inimitabile del luogo che quel vino fa nascere, vettore della sua immagine, capace di sedurre una comunità ogni giorno rinnovata di amatori e di commercianti di vino. Per arrivare a questo traguardo occorre una tecnologia minimalista illuminata da un’ enologia sapiente e precisa al servizio della sensibilità di chi fa il vino. Ciò comporta di sviluppare assolutamente una viticoltura che sia esemplarmente rispettosa dell’ambiente. Infine è necessario veicolare e promuovere in tutto il mondo una rappresentazione potente e valorizzante del vino nella consapevolezza dei consumatori. Senza questa consapevolezza non ci sarà più una viticoltura duratura.

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