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Libero

Rivoluzione in cantina ... Le terre e le viti della Franciacorta alternativa mondiale allo Champagne ... Il non detto è ambizioso, ma non pretenzioso: il Franciacorta unica alternativa mondiale allo Champagne. Con qualcosa in meno e molto di più. Il qualcosa in meno sono i numeri: 15 milioni di bottiglie contro uno sproposito di 380 milioni targate Francia. Il molto di più è che la Franciacorta è il solo territorio interamente vocato alla produzione di vini rifermentati in bottiglia che abbia saputo in menodi 50 anni, da quando Franco Ziliani produsse il primo chardonnay petillante, accreditarsi come modello a livello mondiale. Me lo conferma Charlie Artuarola, una sorta di guru planetario del vino. È venuto per raccontare di nuovo l’emozione italiana. Il Franciacorta come vino oggi è a un livello di qualità assoluta, la Franciacorta, come territorio, è un modello unico. Va dato merito, grande merito, a Maurizio Zanella che con Cà del Bosco è stato il pioniere del successo mondiale di queste bottiglie di avere, oggi, da presidente del Consorzio rotto gli indugi: basta, non chiamateci più né spumante, né bollicine noi siamo solo e unicamente Franciacorta. Del resto lo prevede la legge, il disciplinare di produzione, il codice etico che i produttori si sono dati: questo vino si chiama solo Franciacorta. E che poi sia extrabrut, brut, saten (incantevole con il perlage misurato), riserva, millesimato, importa per definire cosa aspettarsi nel bicchiere, ma prima, come archetipo di un vino unico e di classe immensa che esce da Chardonnay croccante o da Pinot Nero austero o da brillante Pinot Bianco, va percepito come Franciacorta: del resto basta la parola. Se ne è ragionato nei giorni scorsi ad Adro a Villa Crespia, la cantina dei fratelli Muratori che hanno costruito un arcipelago vitivinicolo esplorando anche i territori di Suvereto, in Toscana, e del Sud dal beneventano a Ischia, in una sorta di educational per i produttori che devono mostrare coesione nell’affermazione, difesa e qualificazione del brand: Franciacorta. Ne ho approfittato per cercare la spiegazione di questo incanto in bottiglia. E l’ho trovata spigolando tre cantine e ridegustando alcune delle bottiglie top. Il mix della Franciacorta è un ambiente unico a cavallo tra il Lago d’Iseo con Sarnico e Iseo a dischiudere delizie liberty, di una vita elegante tra architetture di Medioevo che si riflette in questo specchio di Venere, la Val Canonica scrigno di civiltà rurale antichissima, emergenze storiche come il Convento dell’Annunciata, paradisi naturalistici come quello delle torbiere del Sebino e un mare di vigne pettinate, bellissime. Ma è anche un mix di tecnologie - come dimostra Villa Crespia - e di antiche vestigia, di sapienze imprenditoriali che qui gli industriali del bresciano, che si chiamino Moretti o Muratori, hanno innervato con sane gestioni la meraviglia agricola e di buona vita. Il brand Franciacorta è fatto dell’Albereta, relais di altissimo livello dei Moretti (Bellavista) e di Vittorio Fusari che ha riaperto la sua Dispensa Pane e Vini ad Adro spandendo sapienza gastronomica, è fatto di suggestioni e di concretissime gioie. Me ne regala una, altissima, Emanuele Rabotti a Monterossa: una cantina che è una testimonianza viva di storia. Ci arrivo solcando un roseto immenso di duemila varietà, mi incanto in una casa del trecento con citazioni rinascimentali e leggerezze barocche e poi sosto con gioia di fronte al Brut da Chardonnay croccante da bere a cisterne, di fronte al Salvadi, un non dosato che è di freschezza inarrivabile, di fronte al Cabochon Rosé che è un monumento di sapienza enologica. I prezzi? Più bassi di due terzi di qualsiasi Champagne degno di chiamarsi in quel modo. E questo è un vantaggio competitivo reale della Franciacorta. Ed è sorprendente scoprire che Emma, la bimba di Emanuele, che ha appena otto anni sa di Giotto e mi invita a parlarle di Piero della Francesca perché ha desiderio, e certo vivendo qua, abitudine al bello. La Franciacorta è un antidoto al modernismo pur essendo assolutamente contemporanea. Eccomi a Palazzo della Lana, il quartiere storico della Berlucchi, insieme ad Ettore Ziliani a degustare cinque bottiglie meravigliose. Sono l’extreme brut Palazzo Lana da solo Pinot nero che è acido, ricco di pietra focaia, e il Brut dove lo Chardonnay ha croccantezza inebriante, e un Franciacorta del 2001 che è una carezza di seta ai sensi. Resta l’interrogativo di come si chiamerà quel fifty-fifty di Pinot Nero e Chardonnay che Ettore tira fuori come un gioiello da collezione privata. Se nomen sunt consequentia rerum dovrebbe chiamarsi: assoluto! E ho detto tutto. A Villa Crespia ascolto il loro pas operé che è un vino di austerità, di eleganza, di fragranza semplicemente incantevoli. È la faccia attuale della Franciacorta: un nuovo modello dove capacità imprenditoriali e sapere agricolo costruiscono davvero una green economy. Vocata al benessere degli uomini. Bob Kennedy che disse il Pil misura tutto tranne che quello che rende felici gli uomini fosse venuto qui avrebbe capito che esiste un’ alternativa. E così di fronte alla Cuvée Annamaria Clementi (Ca’ del Bosco) compito le infinite emozioni sensoriali che dà, e così ecco la piacevolezza assoluta del Saten di Contadi Castaldi e l’eleganza fatta bottiglia della riserva Vittorio Moretti (Bellavista). Se nomen sunt consequentia rerum, il piacere di vivere è Franciacorta. Basta la parola!

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