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Sorpresa, il vino scarseggia ... Ma i prezzi restano giù. Lo stock mondiale cala, si va verso l’equilibrio del mercato... Forse aveva ragione Angelo Gaja, quando profetizzava, tempo fa, che il vino non sarebbe bastato a far fronte alla crescente sete di nettare di Bacco nel mondo. A dargli ragione, è il Rabobank’s Wine Quaterly Q2 Report 2012, una sorta di health check del settore della celebre agenzia di ricerche di mercato dopo la prima metà dell’anno, dal quale sembrerebbe che “le scorte di vino siano al loro punto più basso negli ultimi 10 anni, e l’industria si sta avvicinando ad un punto di equilibrio dopo anni di eccesso di offerta”. Un discorso, chiaramente, da prendere con le molle e con i dovuti distinguo, visto che si parla di dati macroeconomici e aggregati, ed è facile supporre che se esistono cantine che raggiungono il “tutto esaurito”, ce ne sono altre i cui magazzini fanno fatica a svuotarsi. Ma il trend, per il report di Rabobank, è questo. Anche se non è tutto rose e fiori: misure di mercato (vedi l’Ocm vino in Europa) ma anche l’andamento climatico, negli ultimi anni, hanno portato a una diminuzione della produzione e ad un rialzo dei prezzi di uve da vino e di prodotto sfuso, che se da un lato “sono una buona notizia per molti produttori che hanno visto una perdita di redditività negli ultimi anni, per contro la crescita dei prezzi è stata repentina e sensibile, e molte cantine faticano a trasferire i maggiori costi di produzione che ne derivano ai consumatori”, si legge nel report. Tuttavia, la vendemmia 2012, a livello mondiale, per quanto si possa prevedere ad oggi, sembrerebbe andare verso una maggiore abbondanza rispetto al 2011, una delle annate più scarse a livello planetario. In ogni caso, dice Rabobank, l’equilibrio ottimale di mercato, anche nel vino, è legato ad un fattore chiave per l’economia: la ripresa dell’Eurozona. Che il mondo ha sete di vino - nonostante il calo dei consumi che sembra accomunare i principali Paesi produttori, tra cui l’Italia - sono i numeri a dirlo: secondo la testata tedesca Wein-Plus, che ha stilato un borsino dei Paesi consumatori, nel 2011 ne sono stati consumati 244 milioni di ettolitri a livello mondiale, 3 in più sul 2010. Chi beve di più? Al top, nel 2011, c’è la Francia (29,9 milioni di ettolitri), seguita da Stati Uniti (28,5 milioni di ettolitri) e Italia (23,1 milioni di ettolitri). E se le esportazioni globali, nel 2000, erano di 60 milioni di ettolitri, nel 2011 si sono sfiorati i 99 milioni. Con l’Italia leader in quantità (24,2 milioni di ettolitri esportati) davanti a Spagna (22,3 milioni di ettolitri), Francia (14,1 milioni di ettolitri) e Cile (6,6 milioni di ettolitri). Per questo non vanno fatti drammi di fronte alla flessione, nei primi 4 mesi 2012, delle importazioni di vino italiano in Usa (-5,6% in volume e -3,8% in valore secondo l’Italian Wine & Food Institute), mercato tra i più importanti per i produttori del Belpaese (quasi il 25% di tutto il nostro export enoico). Il 2011 è stato da record per le etichette made in Italy (2,5 milioni di ettolitri a +13% sul 2010, per 1 miliardo e 248 milioni di dollari a +16% sul 2010) e l’Italia resta comunque leader per quota di mercato tra i vini stranieri in quantità (23,5%) e pure valore (32,6%). Ma il mercato americano va comunque presidiato. Per questo, per parlare del futuro dei nostri vini negli States, alcuni dei produttori più importanti del Belpaese, da Cristina Mariani-May (Castello Banfi) a Matteo Lunelli (Ferrari), da Marilisa Allegrini (Allegrini) a Daniela Mastroberardino (Terredora), da Luca Paschina (Zonin) a Odila Galer-Noel (Gruppo Italiano Vini), insieme a Vinitaly, sono stati ricevuti direttamente dall’Us Congressional Wine Caucus a Washington, una sorta di commissione parlamentare informale, ma dal peso lobbyistico importante sulle normative di settore (conta più di 200 deputati e 15 senatori bipartisan del Congresso degli Stati Uniti), fondata nel 1999 da Mike Thompson proprio per la tutela del vino, della sua cultura e del suo peso economico negli Stati Uniti. “Un incontro di importanza storica”, ha detto il direttore generale di Verona Fiere Giovanni Mantovani, per la prima volta, nella storia dei due Paesi.

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