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Libero

Lo stop arriva dopo mesi di proteste ... Finalmente l’Europa ferma Chianti e Barolo in polvere ... Alla fine il gigante di Bruxelles ha deciso di muoversi. Partorendo il classico topolino. La Commissione europea ha precisato ieri che i finti vini italiani in polvere venduti in Gran Bretagna e prodotti in Svezia, “violano le norme in materia di etichettatura nel settore vitivinicolo stabilite dalla legislazione europea”. Di più: “I prodotti in questione non possono essere commercializzati utilizzando una denominazione di origine protetta (Dop) o un’indicazione geografica protetta (Igp), nemmeno attraverso una semplice evocazione del nome”. La vicenda a cui si riferiscono i soloni di Bruxelles è tristemente nota dopo che la Coldiretti, assieme a “Striscia la notizia” ha scovato e documentato una falsificazione sistematica quanto grossolana di etichette di grande pregio del made in taly in bottiglia: Chianti, Valpolicella, Barolo, Montepulciano d’Abruzzo, Frascati. Tutte rigorosamente taroccate con improbabili “kit” per farsi in casa il vino a partire da un preparato liofilizzato. Ebbene, dopo infinite insistenze (e altrettante interrogazioni dei nostri europarlamentari), la Commissione si è degnata di rispondere. Limitandosi però “a informare le delegazioni degli Stati membri che tali pratiche violano le norme in materia di etichettatura nel settore vitivinicolo stabilite dalla legislazione europea”. Per molto meno Bruxelles ha agitato nei confronti dell’Italia la minaccia di aprire una procedura d’infrazione. In questo caso l’eurogoverno si limita a far presente che “gli Stati membri devono adottare tutti i provvedimenti necessari a prevenire l’uso illecito del nome di una Dop o di una Igp, ritirando dal mercato tali prodotti. In particolare, sono state contattate le autorità italiane e britanniche al fine di vietarne la commercializzazione”. Paradossale il riferimento alle “autorità italiane”, la cui giurisdizione si limita al territorio della Penisola. Nessun riferimento invece alla Svezia, dove pure Coldiretti e “Striscia” avevano pizzicato lo stabilimento di produzione del vino in polvere. “La risposta del Commissario Ciolos”, afferma l’europarlamentare della Lega Nord Mara Bizzotto, firmataria di una durissima interrogazione a cui Bruxelles si è degnata di rispondere solo ieri, “va nella direzione che auspicavo, a tutela di tutto il settore vitivinicolo del nostro Paese che da troppo tempo subisce la concorrenza sleale di questi volgari taroccatori”. Dalla fabbrica di Lindome, località vicina a Goteborg, sono usciti finora oltre 140mila “wine kit” all’anno dai quali si potevano ottenere circa 4,2 milioni di bottiglie. Il marchio utilizzato dalla svedese Vinland, “Cantina Doc’s”, evoca chiaramente una produzione italiana, e promette in soli 5 giorni di ottenere in casa propria vini come Valpolicella, Lambrusco, Sangiovese o Primitivo, per i quali vengono addirittura fornite le etichette da apporre sulle bottiglie. Oltre al danno diretto, quantificabile in almeno 20 milioni di euro l’anno si trattava di “fermare uno scempio intollerabile che ha messo a rischio con l’inganno l’immagine e la credibilità dei nostri vini più prestigiosi”, come spiega il presidente di Coldiretti Sergio Marini. Che ha ragionissima quando sottolinea che “si tratta di un esempio eclatante della superficialità con cui troppo spesso in Europa si trattano i temi della qualità alimentare e della trasparenza sull’origine e sui processi che portano gli alimenti sulle nostre tavole”. Una superficialità che purtroppo - tarocchi a parte - consente a prodotti che di italiano hanno soltanto il nome e la confezione che li contiene, di essere commercializzati perfino nel nostro Paese. Pasta, extravergini e formaggi, solo per citare i casi più evidenti, che vengono spacciati per italianissimi, quando in realtà non lo sono, grazie all’opacità delle etichette da cui è bandito ogni riferimento all’origine delle materie prime. E non è un caso se proprio il commissario Ciolos, assieme al ex collega Dalli costretto recentemente alle dimissioni per uno scandalo sul tabacco, abbiano dato l’altolà alla legge italiana sull’etichettatura obbligatoria, approvata all’inizio del 2011. Con grande soddisfazione pure della grande industria, non solo nordeuropea. Che sull’opacità delle etichette ha costruito il proprio business.

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