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VINO E INVESTIMENTI

Liv-ex, il 2018 del mercato secondario dei fine wine all’insegna della stabilità. Borgogna al top

Bene l’Italy 100 (+2,8%), cresce il numero delle etichette scambiate, con i vini di qualità più sicuri degli investimenti finanziari
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Red wine bottles stacked on wooden racks

Il mercato secondario dei fine wine chiude il 2018 nel segno della stabilità, tanto da rendere il vino uno dei settori di investimento più sicuri e meno volatili: il Liv-ex 100, l’indice che mette insieme le etichette più prestigiose, chiude l’anno con un rialzo del +0,22%, e se il picco del 2011 è ancora lontano, negli ultimi tre anni la crescita è stata del 32%. Merito, prima di tutto, dei vini di Bordeaux, che dopo due anni di crescita chiudono in sostanziale parità, mentre non si arresta la corsa della Borgogna, con la vera novità che è però il continuo allargamento del mercato: con il proliferare degli investitori, cresce il numero di etichette scambiate, con territori come Champagne, Rodano e Italia, con le sue etichette top che ben fanno nella “Liv-Ex Power 100”: Gaja è prima degli italiani in classifica, al n. 26, seguita da Sassicaia (n. 29), Ornellaia (n. 53), Bruno Giacosa (n. 56), Tignanello (n. 76), Produttori del Barbaresco (n. 87), Solaia (n. 92), Luciano Sandrone (n. 95) e Tua Rita (n. 96).
Meglio del Liv-ex 100 ha fatto il Liv-ex 1000, l’indice degli indici, che include Bordeaux 500, Bordeaux Legends 50, Burgundy 150, Champagne 50, Rhone 100, Italy 100 e Rest of the World 50, che con una crescita del 10,2% tocca il suo massimo storico, sopra la crescita delle principali borse mondiali, trascinato dal Burgundy 150, che con il +35,5% ha oggi un peso complessivo del 26%, e non solo grazie alle “solite” performance delle etichette di Domaine de la Romanée-Conti, che continua a superare i suoi stessi record, ma anche grazie a griffe come Rousseau, Leroy, Leflaive e Roumier. Bene anche Champagne (+8%), Rodano (+5,6%) e Italia (+2,8%), mentre l’ultimo degli arrivati, il California 50, è cresciuto nel suo primo anno di rilevazioni del +12,3%.
Proprio nel confronto con i mercati i fine wine continuano a confermarsi come una sorta di scommessa vincente, al pari dell’oro. Merito, come già detto, di una bassissima volatilità, frutto di un mercato stabile, in cui solo il 2% delle bottiglie sul mercato sono state scambiate, ma anche della loro “tangibilità”: il vino, a differenza di qualsiasi prodotto finanziario, è a tutti gli effetti un bene tangibile, che costruisce sulla rarità il proprio valore. Da sottolineare anche un altro fattore: la <b<stabilità degli scambi tra sterlina (la moneta del Li-ex) ed euro
hanno permesso al Liv-ex 100 di chiudere in territorio positivo (nella conversione in dollari, invece, il risultato è un calo del 3,6% nel 2018), mentre il Liv-ex 1000 è cresciuto in tutte le principali valute (+6% in dollari).
Nel complesso, il 2018 restituisce un mercato in crescita, con la quota di Bordeaux che continua a contrarsi, ininterrottamente, dal 2010, scendendo fino al 59%, dal 68% del 2017. Nello stesso tempo, la Borgogna rappresenta il 15% degli scambi (dal 12,7% del 2017), mentre le etichette di Champagne, all’8%, superano in valore quelle dell’Italia. Cresce in maniera importante il numero di vini diversi commercializzati sul mercato secondario dei fine wine, passati dai 4.500 del 2017 ai 5.700 del 2018, con un vero e proprio boom del numero di marchi sul Liv-ex: +252% dal 2015.
Nonostante la vivacità del mercato, le etichette più performanti arrivano tutte dalla Borgogna: la scarsità numerica delle grandi etichetta, unita alla forte e crescente richiesta dei collezionisti, ha fatto sì che Armand Rousseau guadagnasse in media, con le sue etichette, il 42,7%, mentre Domaine de la Romanée-Conti ha guadagnato il 33,5%. Al top, c’è il Gevrey Chambertin Clos St Jacques 2010, proprio di Armand Rousseau, il cui prezzo è cresciuto del 194,8%.
Cosa aspettarsi, quindi dal 2019? Dal bilancio del 2018 firmato dal Liv-ex, le prospettive sono di un mercato ancora solido, con le uniche preoccupazioni che arrivano dal fronte di Bordeaux (anche se le aspettative per l’annata 2018 sono altissime), mentre le da tenere sott’occhio è la crescita delle etichette della California e del Piemonte. Ovviamente, ci saranno da capire gli effetti della Brexit sul mercato, a partire dalla valuta, mentre la raccolta 2018 in Borgogna, mai così alta dal 2009, potrebbe frenare, in prospettiva, la crescita della Regione. Infine, il peso della critica, che dopo il ritiro di Robert Parker, nel 2015, ha trovato altre firme di riferimento (Lisa Perrotti-Brown, Neal Martin), senza perdere la propria influenza, come dimostra la crescita spettacolare, negli ultimi due mesi dell’anno, del Sassicaia 2015, il vino migliore dell’anno secondo Wine Spectator.

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