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Panorama

“Ho voluto portare la terra a bordo”…Imprenditore caparbio, Andrea Cecchi tiene alto un nome che ha 130 anni di storia e che il mondo riconosce come sinonimo di vini di qualità. Grande appassionato di terroir, nonché convinto sostenitore delle pratiche sostenibili in vigna e in cantina, racconta (anche) della sua Gran Selezione. Davanti a una tartare e a un irresistibile club sandwich … L’appuntamento è a Firenze. Ore 13.00, Harry’s Bar the Garden. Una colazione di lavoro per parlare di progetti, etichette, e poi, come accade quando si ha a che fare con persone affabili e di buon cuore, anche di vita. Andrea Cecchi, presidente e Ceo di Famiglia Cecchi, realtà toscana che contempla 5 tenute (4 a regime, la quinta, a Montalcino, di recente acquisizione), è decisamente affabile e di buon cuore. Le sue grandi passioni, bicicletta e motocross, danno all’interlocutore anche la sensazione di essere davanti a un uomo che ama la fatica, che non teme di sporcarsi, di cadere. Che, all'asfalto di nuova posa, preferisce curve e sentieri impervi. Ad ascoltarlo, viene da pensare che sia più il suo modus vivendi che un semplice approccio allo sport. In fondo, si dice che ci sia più gusto a guadagnarsi pane e reputazione in salita. A polvere e sudore è rodato. A dispetto del ruolo che lo vuole dietro una scrivania, Andrea Cecchi, come avrebbe detto Luigi Veronelli, spesso e volentieri “cammina le vigne, cammina la terra”. “Una terra” spiega l’imprenditore “che ho voluto portare a bordo”. Un’espressione rubata al mondo nautico, che sta a indicare la precisa volontà di considerarla giammai uno strumento utile a produrre qualche cosa, in questo caso vino, bensì parte attiva di un viaggio. Terra che, nel caso di Famiglia Cecchi, produce bellezza da 130 anni. In principio fu Luigi Cecchi, il bisnonno. Impareggiabile degustatore di vini, inizia la scalata nel 1893. Negli Anni ’30 il marchio risuona già familiare all’estero, ma la svolta è dei ‘70, quando la famiglia si trasferisce a Castellina in Chianti, ancora oggi, quartier generale del brand, Andrea Cecchi è la quarta generazione dei blasonati vigneron. Dal suo ingresso ha messo tutto se stesso in azienda, avendo chiari - per mutuare ancora termini marinari - i punti nave: terroir, innovazione e rispetto per l’ambiente. “Da questi si parte e a questi si torna” dichiara. E la formula della qualità. Applicata anche nelle stanze di Villa Rosa, tenuta di 126 ettari, sempre a Castellina in Chianti. Acquisita nel 2015, è stata oggetto di studi approfonditi. Cecchi ha voluto spaccarla in quattro per capirne le potenzialità. Ebbene, Villa Rosa è casa. È Chianti Classico. È Sangiovese. È degna interprete di una Gran Selezione. Che costui versa davanti a una tartare e a un club sandwich. Annata 2015 (ottima per chi non lo sapesse), un bijou. La tovaglia color salmone, perla verità, falsa un po’ la vista di questo cru, ma al naso e al palato l’idea del vigneron di farne un capolavoro di identità territoriale arriva dritta. “Volevo che fosse la più alta rappresentazione del Sangiovese, che non esprimesse potenza, ma eleganza”. Ci è riuscito. Il momento si fa ancora più interessante: la degustazione contempla anche l’assaggio di un Chianti Classico Riserva 2019 di Villa Cerna, la prima tenuta di proprietà in ordine cronologico. A Castellina in Chianti, si colloca sul primo colle che si incontra venendo da Siena. È, in altre parole, la porta d’ingresso del Chianti Classico. Detto ciò, Villa Rosa e Villa Cerna distano l’una dall'altra una nemmeno 10 chilometri, eppure danno due vini diversi. La Riserva ha un sorso vigoroso, pieno, con un tannino che si fa notare, è un rosso più gastronomico. La Gran Selezione, si diceva, è la quintessenza dell'eleganza. Basta a se stessa (anche senza tartare e club sandwich). Andrea Cecchi ha portato la terra a bordo. È agli atti e pure nei calici.

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