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Panorama / Economy

Qualità e tradizione, per non restare imbottigliati … Se in Italia il settore vitivinicolo dopo il boom degli ultimi anni attraversa un momento difficile, la Campania è riuscita ad aggirare la crisi, proponendo nuove etichette e nuovi prodotti di qualità. A raccontare questa strategia vincente è Piero Mastroberardino, presidente dell’omonima azienda di famiglia, e di Federvini.
In Campania, in che condizioni è il settore del vino?
In questa regione si nota qualche segnale di controtendenza rispetto al panorama nazionale e si assiste a una fase di sviluppo.
A cosa è dovuta questa situazione?
Ai vitigni. La Campania ha puntato sui vitigni autoctoni, che oggi stanno riscuotendo grande attenzione di mercato. Devo dire che in questo è stata la mia famiglia e mio padre in particolare ad essere precursore, visto che già negli anni ’50 ha puntato al recupero degli autoctoni e al loro riconoscimento. Ma la storia parte da molto tempo prima e già a fine ‘800 l’Irpinia era la seconda provincia produttiva in Italia e esportava in tutto il mondo. Poi negli anni ’70 abbiamo puntato al riconoscimento delle denominazione e oggi con tre denominazioni Docg, Fiano Greco e Taurasi, è coperta quasi la totalità della nostra produzione. Un altro vantaggio rispetto agli altri produttori e alle altre zone è stato il posizionamento dei nostri vini sul mercato sia italiano che internazionale. I nostri vini infatti hanno un’ottima percezione nel consumatore perché hanno un giusto rapporto prezzo/qualità.
Parliamo della Mastroberardino, una delle più antiche e più attente aziende del settore, che continua a crescere, visto che lo scorso anno avete fatto registrare una performance del 7%.
L’azienda nasce nel ‘700, poi alla fine dell’800 incomincia lo sviluppo attuale, in forma imprenditoriale, giunto oggi alla quinta generazione e produce circa 2,4 milioni di bottiglie all’anno che distribuisce in Italia e in 50 mercati estere, tra i quali Stati Uniti, Giappone, Canada, Francia, Gran Bretagna e Germania.
Per numeri così importanti , quanto conta l’attenzione ai vitigni?
Tantissimo. Noi abbiamo tenute di proprietà per 150 ettari, e altrettante gestite con contratti di lungo termine. Tutto questo grazie al lavoro per tutto l’anno di circa 50 addetti, che nei picchi raggiungono le 130 unità.
Cosa altro state pensando per valorizzare storia e cultura del vino?
Abbiamo deciso di puntare sull’enoturismo e per il prossimo autunno apriremo il primo relais su una delle nostre tre tenute, che permetterà di vivere la natura, i vigneti, ma anche gli ulivi e i boschi che si trovano in zona. Punteremo inoltre alla valorizzazione dei prodotti di zona, non solo vino, ma anche cucina e prodotti tipici. Poi ci sarà anche una spa. Poi dopo il progetto pilota, contiamo di aprire altri due relais.

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