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Andar per vigne a mangiare e degustare … In tempo di vendemmia, cenare tra i filari è il nuovo imperativo. La tendenza non è avere un’ampia carta dei vini, ma un vigneto intero in cui immergersi. Viaggio nelle migliori cantine che offrono cibo gourmet con panorama mozzafiato. Jean Anthelme Brillat‐Savarin con la sua Fisiologia del gusto sdoganò, un po’ meno di cent’anni fa, il cibo come evento culturale. Tra i tanti aforismi scriveva: “Pretendere che non si debba cambiare di vino è una eresia; la lingua se ne satura. E dopo il terzo bicchiere, anche il miglior vino perde del suo sapore”. La tendenza di oggi è avere a disposizione non la carta dei vini, ma un vigneto intero. In trent’anni, tanti ne conta il Movimento turismo del vino fondato da Magda Antonioli, la massima studiosa di wine economy in Italia, le cantine si sono trasformate da struttura di produzione in luogo di promozione del piacere del vino. Oggi si va a cena tra i filari, si fa scegliendo pietanze da un menù direttamente tra le viti. Il valore aggiunto del turismo del vino è che consente a chi degusta di partecipare ai luoghi. Un po’ come se si potesse bussare alla bottega di Sandro Botticelli mentre dipinge la sua Primavera. Perché i territori del vino, oltre a essere luoghi dove la natura si mostra nella sua massima eleganza, sono una continua allegoria al piacere di vivere. Frequentarli adesso questi ristoranti in vigna, mentre c’è la vendemmia, è un’esperienza inebriante. Se spetta a un francese come Brillat‐Savarin l’aver aperto la strada alla gastronomia come ragionato piacere, è merito di un grande italiano aver dato spessore di avventura colta e curiosa all’andare per cantine. Si è persa colpevolmente la memoria di Paolo Monelli, uno dei massimi giornalisti del Novecento italiano, un protagonista della nostra cultura contemporanea. Fu tra i fondatori del Bagutta, ma soprattutto fu uno degli “Amici della Domenica” che fondarono il Premio Strega. Ebbene Monelli, dopo aver raccontato le guerre ‐ fu anche un valorosissimo comandante degli alpini ‐ e aver narrato il mondo da tutti i fronti, decise che c'era “un altro mondo buono” di cui rendere testimonianza. Già nel 1910 Hans Barth, un tedesco innamorato dell'Italia, aveva scritto Guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri e il Touring Club nel 1931 pubblicò la prima Guida gastronomica; ma Monelli, prima con Optimus Potor ossia il vero bevitore e poi con Il ghiottone errante: viaggio gastronomico attraverso l'Italia, illustrati da Giuseppe Novello (era anche lo chauffeur di queste imprese gastronomiche) conferisce all'andar per bottiglie e piatti una dimensione di assoluto valore culturale. Oggi c’è l'opportunità, dalle Langhe alle Eolie, di godere questa dimensione unica dell'enogastronomia. Ci sono case vinicole che addirittura hanno strutturato una loro ospitalità a tavola. Antinori , una dinastia di vignaioli che si perpetua dal 1385, debuttò negli anni Settanta con la Cantinetta aperta nel palazzo di famiglia a Firenze. Ora è un must internazionale visto che ha inaugurato anche a Zurigo, Vienna e Montecarlo. Antinori (tremila ettari di vigne) permette di cenare osservando il tramonto tra i filari sul tetto della cantina che è un’opera d’arte al Bargino (in pieno Chianti) sedendo al ristorante Ranuccio 1180 dedicato al capostipite di questa millenaria dinastia. E poi ecco le soste a Badia a Passignano, l’incantevole Osteria del Tasso a Bolgheri, dove un’altra esperienza imperdibile è cenare all’Osteria San Guido in cui si può degustare il Sassicaia a bicchiere (con 55 euro passa la paura) un locale unico per osservare le vigne di un vino unico: il Sassicaia, appunto. La Toscana è probabilmente la culla del mangiar per vigne. A Montalcino, il Castello Banfi di Poggio alle Mura e Castiglion del Bosco sono alcove di piacere enogastronomico. Si può cenare in un maniero medievale di raro fascino nel Castello di Nipozzano dei Frescobaldi , a La Rufina. Ci sono luoghi dove la storia del vino viene incontro come l’Osteria di Brolio dove forse nell’Ottocento cenava il barone Bettino Ricasoli. In Chianti tutti hanno il ristorante, uno dei più suggestivi è senza dubbio la Locanda dei Collazzi attaccata a Firenze. E non si può non andare a trovare Donatella Cinelli Colombini nella sua omonima tenuta a Trequanda, tra le campagne senesi. Le Langhe non sono da meno. Basti dire che i Ceretto gestiscono alcuni degli stellati piemontesi. Due indirizzi da non perdere sono la Trattoria nelle Vigne a Diano d'Alba e la Locanda in Cannubi, a Barolo . Ci sono poi indirizzi di fascino assoluto, e il prezzo ovviamente sale, come il Venissa di Venezia. Operano in cucina Chiara Pavan e Francesco Brutto al ristorante; ma c'è anche la “versione osteria” per chi vuole spendere un po’ meno. Si sta in mezzo alle vigne di “dorona” (l'antica uva di Venezia), a Mazzorbo, in una delle isole più esclusive a un passo da Burano. Altra isola, stavolta nell’immenso turchino del Mediterraneo. Al Capofaro Resort di Salina (Tasca d’Almerita è il gruppo vinicolo) si mangia tra i filari di Malvasia. Stesso charme, ma in riva al lago d'Iseo, a Erbusco. Qui Terra Moretti ha in serbo tre proposte gastronomiche d’eccellenza. Di valore assoluto è anche la Trattoria Toscana l’Andana a Castiglion della Pescaia. L’ha voluta Francesca Moretti, il primo chef è stato Alain Ducasse, ora sui fornelli regna Enrico Bartolini. Un firmamento di stelle in una sola persona. Intorno, vigne a perdita d'occhio.Stesso panorama che si gode in Valpolicella a due passi da Lazise e dal lago dove Sandro Boscaini, che si appresta a festeggiare il 14 ottobre le 250 vendemmie del Vajo de’ Masi, ha posto il quartier generale gastronomico della Masi alla Tenuta Canova : il risotto all'Amarone è poesia pura. Una dimora patrizia del Seicento, una vignaiola castellana di raro fascino come Marina Cvetic, vini d’Abruzzo di grandissima qualità, sono ciò che aspetta chi si siede alla tavola del Castello di Semivicoli nel chietino. Sentori di costiera amalfitana e un mix tra mare e orto vengono dai piatti del Reale (ottimi vini) a Tramonti. E le soste gourmet in vigna riconciliano anche con la familiarità, con la civiltà rurale. Un indirizzo tra i tanti: Locanda Fontezzoppa, a Civitanova Alta . Siamo tra le colline e il mare delle Marche per mettersi a tavola con vincitore di MasterChef. Una cosa è sicura: in questi luoghi e negli otre 300 ristoranti in vigna d’Italia, Brillat‐Savarin si troverebbe a suo agio.

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