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Panorama

Nuove rassegne a caccia di spazi: troppe fiere per il calice ... Il mercato italiano dei vino è stabile e le esportazioni crescono poco. Eppure, si moltiplicano le fiere dedicate all’enologia. Obiettivo? Conquistare l’attenzione del 63 per cento degli italiani che consumano vino con regolarità e, soprattutto, quei 6 milioni di enoappassionati capaci di imprimere svolte auspicate a un mercato saturo di offerta da tutto il mondo. Il monopolio di Veronafiere, che con il Vinitaly era l’unico appuntamento promozionale italiano di settore, è messo in discussione dal milanese Miwine (prima edizione a giugno 2004) e dal Salone del vino di Torino (dal 16 al 19 novembre). Due appuntamenti riservati agli operatori, ma che vogliono attrarre i consumatori con tutte le tecniche dello show business. Sorge il dubbio che produttori e operatori non possano permettersi di partecipare a tutti e tre gli appuntamenti e, magari, a qualcuno di quelli in Europa, da Dusseldorf a Bordeaux. Le aziende vitivinicole italiane sono circa 800.000, però non più di 30.000 imbottigliano, con una media di 5 differenti etichette ciascuna e un giro d’affari complessivo di 8.000 milioni di euro. “Il consumo di vino oggi è orientato alla qualità, per questo occorrono eventi spettacolari, anche nelle piazze delle grandi città, accanto alle iniziative riservate agli operatori” sostiene Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana vini, partner della Fiera di Milano in Miwine. “L’enoppassionato tipo ha trent’anni in su, è colto e ha una forte propensione a spendere” dice Alfredo Cazzola, presidente di Lingotto Fiere nonché anima del Salone del Vino di Torino, dove la giornata di apertura sarà un wine show con spettacoli, degustazioni, incontri tra produttori, protagonisti dell’economia, critici enologici.
Ma la vera scommessa pare essere il coinvolgimento dei 40 maggiori importatori dei mercati emergenti del Nord e dell’Est europeo. E il ruolo della neonata Enoteca d’Italia.

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