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Panorama

Dai barili di oro nero alle botti di rosso - Il presidente dell’unica società petrolifera privata italiana ha scoperto l’amore per la terra. E nei possedimenti di famiglia crea un nettare prezioso ... Dal barile alla barrique: l’accostamento tra il petrolio, che viene raffinato nello stabilimento di Falconara, e il Pollenza, potente rosso affinato nella cantina dell’azienda La Parisiana di Tolentino, è meno azzardato di quanto si pensi. L’artefice è lo stesso, ovvero Aldo Brachetti Peretti, presidente dell’Api (Anonima petroli italiana), unica azienda petrolifera interamente privata in Italia, e proprietario di terreni sui colli maceratesi, ereditati dagli Antici Mattei, ramo materno della famiglia nobile. Capitano d’industria settantenne, più che mai stimolato dalle imprese proiettate nel tempo, Brachetti Peretti ha raccolto il suggerimento di un amico che, con sapiente occhiata, ha intuito le potenzialità di quell’azienda agricola. Composizione dei terreni e microclima sono infatti ideali per produrre vini d’ispirazione bordolese, quindi di gusto internazionale, ma dal marcato carattere impresso da un luogo unico, stretto tra il mare adriatico e l’appennino marchigiano. “Mi sono fidato dell’esperienza di Carlo Guerrieri Gonzaga, che nella sua tenuta trentina ha saputo creare vini eccezionali con vitigni francesi, seguendo i consigli di Giacomo Tachis”. Il coinvolgimento di Umberto Trombelli, allievo prediletto di Tachis, nella cantina della Parisiana è indice della fiducia che il “padre” del Sassicaia nutre nel vino di prossima uscita. “Poche migliaia di bottiglie ottenute da uve cabernet franc, cabernet sauvignon e merlot” spiega Trombelli. Hanno trascorso un anno in barrique francesi a media tostatura e un altro in bottiglia. L’enologo lavora in coppia con l’agronomo Vincendo Melia, che ha curato la preparazione di 40 ettari di vigneto su 200 che compongono l’azienda. “Esistevano già vigne intorno al casone, ma mancava una cantina, indicando con casalingo nomignolo la sontuosa villa, disegnata dal Sangallo nel Cinquecento. La cantina, di mattoni rosa tipici del cotto marchigiano, interrotti solo da cornici di pietra leccese, pare là da secoli. In realtà è stata progettata da un architetto di Tolentino, Eugenio Francioni, solo quattro anni fa, come recitano le iniziali di Brachetti Peretti e la scritta sul frontone. “Contiene un tesoro di 200 barrique e tutto il necessario per estrarre dall’uva il miglior vino” dice il nobile viticoltore, fiero della sua opera quanto di essere stato nominato cavaliere del lavoro a soli 46 anni. “Sono sicuro che i miei figli si appassioneranno” si inorgoglisce, incontrando il consenso di Carlo Tofanacchio, direttore dell’azienda. E accanto alle casse del Pollenza fanno bella mostra le bottiglie di Cosmino e Brianello, le altre etichette dedicate ai due nipoti, figli del suo secondogenito Ferdinando. Anche gli altri figli, Chiara, Benedetta e Ugo hanno sostenuto il progetto. Il futuro di una dinastia che basa la sua fortuna sull’oro nero ma vuole conquistare il mondo del vino.

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