Panorama

Storie di vino. Gemelli diversi, gli Amarone dell’azienda Masi… Avevo le due bottiglie del vignaiolo veronese Sandro Boscaini (azienda Masi) una dinanzi all’altra, come se fossero duellanti. Erano gemelle, seppur sommariamente di zigotiche, nel senso che l’uva Corvina era per l’un a (il Mazzano) al 75% (20% Rondinella, 5% Molinara), per l’altra (Campolongo di Torbe) al 70%, con la Rondinella al 25%. Stessa gradazione (16°), stessa annata (il 200) stessa quantità di bottiglie prodotte (intorno alle 14.500). Due Amarone grandissimi, divisi da 10 euro nell’alto presso (69 euro in enoteca il Mazzano, 59 il Campolungo) eppure alla fine a parti invertite nella dilettantesca classifica del mio cuore. Nella ripartizione musicale delle voci, l’Amarone sarebbe un baritono. Gli vengono assegnate a tavola le parti complesse: le carni più rosse, i formaggi più forti, e infine la meditazione di fine pasto. La voce del Campolongo mi parve quella del Samuel Ramey migliore (un don Carlo? Un Mefistofele?) mentre il Mazzano mi fece immaginare l’ultimo Ruggero Raimondi: più chiuso dell’altro, seppure con la massima qualità. E’ difficile, soprattutto per un dilettante, giudicare un vino ancor giovane. Questi Amarone campano 40 anni. Ed è probabile che invecchiando il Mazzano assuma la voce del Raimondi giovane. I Boscanini fanno vino da tre secoli, ai massimi livelli, pur non disdegnando la quantità a livelli meno nobili. Nella fascia dell’eccellenza segnaliamo l’Osar, il solido raro e piacevolissimo Rosso veronese nato da un vitigno autoctono (l’Oseleta) dimenticato fino a poco tempo fa. E il più semplice Valpolicella Serego Alighieri, ricordo dei possedimenti in quest’area di Pietro Alighieri, figlio di Dante. Eredità? Diritti d’autore? (arretrato del 22 dicembre 2005)