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Panorama

Dentro il bicchiere - Evviva, hanno sdoganato il Lambrusco.Il rosso che viene da Sorbara. Il vino frizzante entra nei bar più chic, a partire da Modena. Ma solo nel calice giusto: di cristallo, in tinta e d’autore ... Modena estate 2006, all’ora dell’aperitivo: una Maserati percorre via Farini e, infischiandosene dall’auto si capisce il motivo per cui l’uomo non ha parcheggiato negli spazi regolamentati, qualche metro più in là. Lei calza scarpe con stiletto da 10 centimetri, tacchi che sembrano fatti apposta per ficcarsi negli interstizi delle antiche pietre che pavimentano il centro di Modena. Lui indossa una giacca di lino blu che un osservatore attento, molto attento, dalla forma della spalla potrebbe riconoscere come un prodotto della scuola sartoriale napoletana: Kiton, Sartorio, Borrelli, quei nomi lì.

La coppia prende posto a un tavolino all’aperto della storica Caffetteria Giusti, davanti alla chiesa di San Giorgio. Sullo sfondo c’è il Palazzo Ducale illuminato: purtroppo i duchi se ne sono andati, eppure la magia rimane.

Se fossimo stati nel 2005 lui avrebbe chiesto un Nero d’Avola e lei un Franciacorta, il cameriere avrebbe represso a fatica uno sbadiglio e da quel momento tutti avrebbero smesso di interessarsi a una coppia capace di un’ordinazione così ovvia. Ma siamo nel 2006 e in questi ultimi mesi è successo qualcosa che ha cambiato l’estetica del bere, per ora solo a Modena ma fra poco nel resto d’Italia: il bicchiere da Lambrusco di Riedel.

Questo signore austriaco, fabbricante dei più prestigiosi e costosi calici da degustazione che ci siano, ha creato per il Lambrusco modenese un elegantissimo vestito di cristallo su misura, un bicchiere che nessun altro vino italiano può vantare. Se andate a Montalcino e chiedete un Brunello (ma siete proprio sicuri? Un Brunello d’estate?) ve lo verseranno nello stesso bicchiere in cui vi verserebbero un Barolo ad Alba o un Amarone a Verona. Bei bicchieri, magari, ma visti e stravisti e per niente caratterizzati. Invece a Modena, davanti alla chiesa di San Giorgio, l’uomo e la donna tengono tra le dita uno stelo sottile di cristallo rosso.

Rosso Ferrari? No, Rosso Sorbara, la tonalità trasparente che contraddistingue il miglior lambrusco di pianura, per esempio il Vecchia Modena di Chiarli o il Vigna del Cristo di Cavicchioli. Il colore del vino corrisponde al colore dello stelo ed è facile confondere il liquido con il solido: sembra di bere cristallo. Un bicchiere così bello in Italia non si era visto mai, e pensare che fino a ieri il Lambrusco era bevuto nelle scodelle, folcloristiche, come no, folcloristiche e mute, che impedivano di distinguere i colori, i profumi, i sapori della bottiglia da scaffale basso del supermercato con quella prodotta dagli estremisti della qualità.

Lo splendido calice di Riedel, scintillante come un rubino di Bulgari, valorizza l’impegno dei lambruschisti più visionari, quel Bellei che per primo cominciò a vinificare il Lambrusco esattamente come lo Champagne, remuage dégorgement e gli altri complicati riti d’Oltralpe; oppure Camillo Donati, che sulle colline di Parma parla alle viti come fossero persone, che snobba i rappresentanti e vende solo ai clienti che reputa in grado di apprezzare il frutto delle sue fatiche.

Per fortuna a Modena quando cala la sera la fatica non si sa che cosa sia, c’è davanti una notte tutta da godere a cominciare dallo spettacolo del rosso più fresco versato nel bicchiere più bello.

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