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Panorama

Qui si beve per ricordare ... Roberto Cipresso, 47 anni, wine maker, definisce la riscoperta della Dorona “un jurassic park del vino: da un fossile si è arrivati a una bottiglia”.

Che vitigno è la Dorona?

L’esame del dna ha detto che è un’ava della Garganega, l’uva con cui si fa il Soave.

Le sue caratteristiche?

La capacità di dare voce alle peculiarità del territorio dove viene coltivata. Quella coltivata a Venissa, su terreni che erano fondali marini, è unica.

Abbinamenti?

Con la moeca, il granchio della laguna. Ha una componente dolce che bilancia la nota rustica della Dorona. E poi: l’asparago, magari dopo un anno di bottiglia.

A quali altri vini si può paragonare?

Assomiglia a certi sherry secchi o alla Vernaccia di Oristano. È un bianco dotato di austerità. Ma l’obiettivo non è di farne un vino confrontabile. L’ambizione è piuttosto quella di fare si che questo vino possa suggestionare al punto di portare chi lo beve in un altro momento storico. L’idea alla base della Dorona, insomma, è bere per ricordare.

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