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Panorama

Un vino umbro rischia di andare di traverso a D’Alema ... Per uno strano incrocio di nomi e di finanziamenti, nell’inchiesta giudiziaria che imbarazza il Pd i magistrati si interessano anche all’azienda agricola umbra dei figli del presidente del Copasir. Con una figura che fa da cerniera: quella di Alfredo Orsini... Nell’ultimo interrogatorio segretato di Viscardo Paganelli, l’imprenditore bolognese accusato di avere pagato tangenti per ottenere rotte per la sua compagnia aerea, si è parlato anche di vino rosso umbro. E del presidente del Copasir Massimo D’Alema. Infatti Paganelli ha dovuto spiegare ai pm romani Paolo Ielo e Giuseppe Cascini i propri rapporti con cinque politici i cui nomi erano trascritti in un foglietto ritrovato nel suo ufficio. Di fianco erano indicati importi per circa 200 mila euro che l’imprenditore avrebbe pagato per accelerare i propri affari, in particolare in Umbria, dove dal 2009 stava cercando di entrare con la sua compagnia di piccoli aerei, la Rotkopf. Per riuscirci, ha detto ai magistrati, si era affidato alla società di pubbliche relazioni Servizi di business di Vincenzo Morichini, umbro, classe 1945, ex amministratore delegato dell’Ina Assitalia e vecchio amico di D’Alema. Secondo Paganelli, sarebbe stato proprio Morichini, indagato per corruzione, a suggerirgli di fare regali e offrire contributi. Per questo l’imprenditore avrebbe sborsato 30 mila euro per la fondazione dalemiana Italianieuropei, 40 mila per Franco Pronzato, consigliere d’amministrazione dell’Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile) ed ex consulente di Pier Lugi Bersani al ministero dei Trasporti, 15 mila euro per Roberto Gualtieri, europarlamentare del Pd legato a Italianieuropei, e 20 mila euro per il presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini. Gualtieri e Marini hanno, però, negato di avere mai ricevuto quei denari. Che potrebbero essere finiti in qualche altra tasca. Nelle cronache dei giornali sono passati più inosservati altri soldi che sarebbero finiti ad altri due esponenti pd, uno minore, D. A., e un altro più importante Alfredo Orsini, collegabile a D’Alema. O meglio, alla sua passione per il vino.
Questa storia inizia nel 2008, quando due allevatori di bufale decidono di cedere la loro Madeleine, azienda agricola di Narni (Temi), in Umbria, al confine con il Lazio. A comprare sono Filippo Vinci, imprenditore agricolo pugliese, e l’avvocato Maria Assunta Coluccia, nipote del celebre tributarista Sergio Melpignano, amico di D’Alema e proprietario della masseria San Domenico di Fasano (Brindisi) ferequentato dal leader Pd. Fu Melpignano (come ricordano i venditori) a gestire la compravendita e forse a trasmettere al politico la passione per la nuova impresa. Il “lìder Maximo” è anche un padre e, dopo avere regalato ai figli un tetto (10 vani a Roma), pensa al loro futuro lavorativo: il 9 aprile 2009, Francesco D’Alema, classe 1990, figlio del presidente del Copasir, diventa socio della Madeleine con il 34 per cento delle quote. La sorella Giulia entra un anno dopo, l’11 febbraio 2010, insieme con un giovane della zona, Andrea Bonino, 32 anni, all’epoca portaborse con contratto a termine di un ex assessore regionale. Bonino, secondo la Camera di commercio, è l’amministratore dell’azienda e possiede il 2 per cento. Il 27 febbraio 2010, pochi giorni dopo essere diventato socio dei D’Alema, è eletto anche consigliere del Centro regionale servizi alla vitivinicoltura, struttura consortile specializzata nella ricerca e sperimentazione, un progetto dell’Agenzia regionale umbra per lo sviluppo e l’innovazione in agricoltura (Arusia). Agenzia che ritroveremo tra poco. La speranza di produrre un gran vino viene affidata a un enologo di fama mondiale come Riccardo Cotarella. Nell’autunno 2009 la regione applica un decreto ministeriale dell’agosto 2008 che stanzia fondi in accordo con l’Europa per la ristrutturazione e la riconversione dei vigneti. Nel marzo 2010 La Madeleine dell’ex presidente del Consiglio entra in un elenco di aziende con progetti da finanziare. Un mese dopo viene firmata la “determina dirigenziale” che stabilisce che i soldi ci sono e che per il vino dei D’Alema sono disponibili 57 mila euro, uno per ogni metro quadrato di terreno da mettere a posto. Fra i privati, solo la storica cantina Antinori ottiene un finanziamento più cospicuo. Ma i D’Alema non si accontentano di produrre un vino normale. E così nel luglio 2010 Gabriele Anelli, docente dell’Università di Viterbo e responsabile scientifico della Madeleine, presenta un progetto per un vigneto sperimentale grande 12.700 metri quadrati. Per questo vengono restituiti 13 mila euro di finanziamento (pari ai metri sottratti alla coltivazione tradizionale). Il progetto del presidente del Copasir è sempre più ambizioso: il 22 marzo 2011 subentra, con il 30 per cento, il pugliese Francesco Nettis, rampollo di una facoltosa famiglia di imprenditori attivi nel settore energetico. Il giovane è residente a Londra e viaggia per il mondo. D’Alema e Nettis hanno un comune amico, Roberto De Santis, imprenditore, influente tessitore di relazioni trasversali nonché ex armatore della barca a vela dell’ex premier. L’imprenditore Gianpaolo Tarantini, imputato per corruzione, spaccio
e favoreggiamento della prostituzione, ai magistrati di Bari che indagano su di lui ha raccontato: “Per ricompensarlo delle conoscenze che mi aveva fatto fare (De Santis, ndr), gli pagai una vacanza in barca a Saint-Tropez nel luglio 2008, pagando l’intero viaggio (10 mila euro alla società Mangusta), a lui a (...), Francesco Nettis (titolare di una ditta che eroga gas) e delle loro amiche”. Il 17 giugno scorso la giunta ha approvato il progetto di Anelli, con il “parere favorevole del servizio tecnico agronomico dell’Arusia”. L’esperimento ha una durata di un lustro e alla fine di ogni anno Anelli dovrà inviare all’Arusia una relazione sull’avanzamento del progetto. Amministratore unico dell’Arusia è Alfredo Orsini, l’uomo che ha seguito passo passo il progetto dalemiano. È lui l’anello di congiunzione tra l’inchiesta sulle presunte tangenti pagate dai Paganelli e la storia del vino di D’Alema. Infatti il nome di Orsini è di quelli che si trovano sul pizzino sequestrato dai magistrati a Viscardo Paganelli. Interpellato da “Panorama”, il dirigente ha staccato la linea, senza rispondere ad alcuna domanda. Non si sottrae, invece, Fiammetta Modena, avvocato ed ex candidata alla presidenza dell’Umbria per Pdl e Lega: “Quella di Orsini è una singolare onnipresenza, visto che è citato in tutti i nullaosta della regione come delegato della Madeleine per la sottoscrizione dell’acquisizione dei diritti di reimpianto”. Fra i contatti di Morichini in Umbria c’è anche Valentino Valentini, segretario politico del presidente Catiuscia Marini. Anche lui ama il vino: è stato per anni sindaco di Montefalco (Perugia). Qui per anni è venuto in vacanza D’Alema (i genitori avevano una casa) e qui, forse, si è innamorato dell’idea di diventare vignaiolo. Intanto a Narni i lavori procedono speditamente. Il 22 giugno scorso la giunta comunale ha approvato “una parziale variazione d’uso ad abitazione”. “Tutto regolare, certo” sorride Raffaele Nevi, capogruppo pdl in Regione Umbria, “ma abbiamo dovuto aspettare la pratica dell’onorevole D’Alema per vedere inaugurare anche a Narni la procedura semplificata per l’approvazione del piano attuativo”. Sui terreni della Madeleine la gru alta 10 metri solleva carichi a ritmo continuo, compresa la
domenica, per completare cantina e casale. La maggior parte dei vitigni è impiantata e c’è anche un bell’orto rigoglioso. All’ingresso la tabella di cantiere è in bianco. Forse per garantire la privacy del
presidente.

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