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Quando un vino racconta la capacità di rimanere fedele a se stesso, ma anche di essere moderno

L’iconico Campofiorin, “origine” del Ripasso, al centro del Seminario Tecnico Masi n. 33, e in anteprima con l’annata 2020, a “Vinitaly 2023”

Sempre fedele a se stesso, ma aggiornato nello stile e nella veste, uno dei vini icona di Masi, il Campofiorin, è stato il protagonista del Seminario n. 33 del Gruppo Tecnico Masi a “Vinitaly 2023”. A ricordare la genesi di questa etichetta con 55 annate alle spalle, Sandro Boscaini, presidente di Masi: “Campofiorin nacque da un’intuizione semplice e geniale al tempo stesso: rifermentare il miglior vino da uve veronesi sulle vinacce dell’Amarone, per ottenere un rosso ricco di aromi e struttura, che si posiziona tra la cordiale semplicità del Valpolicella e la complessità dell’Amarone. Fu l’origine del Ripasso e di una nuova categoria dei vini veronesi. Il Gruppo Tecnico Masi ha portato ulteriore innovazione con la “doppia fermentazione” sostituendo alle vinacce le uve integre semi appassite”.
Con l’annata 2020, ora in commercio, debutta il “nuovo Campofiorin”, Rosso Verona Igt. Garbato l’intervento sul packaging che asseconda un gusto più contemporaneo: etichetta ampliata con l’aggiunta di uno sfondo grigio, bottiglia importante con capsula rosso ceralacca e sul collarino gli stilemi di famiglia: l’angelo con il motto latino “Nectar Angelorum Hominibus”. “Abbiamo ritoccato tutti gli elementi del packaging - ha spiegato Raffaele Boscaini, direttore marketing di Masi - per trasmettere un posizionamento ancora più premium. E per quanto riguarda il profilo organolettico abbiamo lavorato per ottenere un vino ancora più armonico, rotondo e avvolgente, con una componente fruttata più integra e piacevole attraverso una lieve evoluzione stilistica: un leggero ritardo nella vendemmia e un incremento nella percentuale di uve appassite”.
Nel bicchiere sei annate a partire dagli anni Ottanta (1985, 1995, 2007, 2014 e 2020), illustrate da Andrea Dal Cin, responsabile enologia del Gruppo Masi, sono state l’occasione per spiegare il “fenomeno Campofiorin” - divenuto bandiera del made in Italy distribuito in oltre 140 Paesi trasversalmente in tutti i canali - con il contributo di due Master of Wine, Sarah Heller e Konstantin Baum. “I palati internazionali non sono preparati ai tannini dei vini italiani, e lo erano ancora meno nel 1964 prima annata del Campofiorin - ha raccontato Sarah Heller - la sua texture insieme ai tannini levigati hanno fatto la differenza. Il Campofiorin è un ottimo esempio di come l’innovazione possa avere successo nel nostro settore: ha utilizzato un approccio pionieristico che tuttavia si è basato su tradizioni regionali precedenti ai Romani, utilizzando uve da appassimento per creare concentrazione nel vino, evidenziando al contempo la freschezza e la vivacità del vino da uve fresche più familiare ai palati contemporanei. Colpisce, al di là dei risultati tecnici, la capacità della famiglia Boscaini e del team di Masi nel comunicare chiaramente questo ibrido tra vecchio e nuovo, evidente anche nella confezione, e di costruire un marchio di successo globale che rivaleggia con alcuni dei produttori più abili commercialmente di tutto il mondo”. Caratteristiche che ne fanno anche un vino che si sposa perfettamente con la cucina italiana e non solo, come ha sottolineato Konstantin Baum. “Uno dei punti di forza del Campofiorin fin dal 1964 è la sua capacità di completare l’esperienza gastronomica, da quella di alto livello al semplice spuntino. Per me, gli abbinamenti migliori tra vino e cibo non devono essere complicati. E questa versatilità è solo una delle ragioni del successo di Campofiorin”.
L’altra è sicuramente il rapporto qualità/prezzo di un vino che, alla prova del bicchiere delle sei annate proposte al Seminario Masi, ha dimostrato la sua longevità, con una 2007 - a 16 anni dalla vendemmia - in forma smagliante, che consiglia di mettere da parte qualche bottiglia dell’annata corrente.

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