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DAZI USA

Se i dazi aiutano il made in Italy: ExportUsa, esportazioni negli States a +170 milioni di dollari

L’analisi della società di consulenza guarda i dazi da un altro punto di vista: olio e vino tricolore crescerebbero di 320 milioni di dollari annui
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Secondo ExportUsa, i dazi di Trump potrebbero avvantaggiare il made in Italy, vino in tesa

I dazi, per chi vive di commercio, in linea di massima, sono sempre qualcosa di negativo. Ma dopo tanti allarmi, c’è chi sostiene che i dazi Usa, alla fine, possano addirittura aiutare il made in Italy agroalimentare Oltreoceano. La misura presa dal presidente degli Stati Uniti verso molti prodotti di diversi Paesi dell’Unione Europea, Italia compresa, ha incendiato per settimane quotidiani e telegiornali, tra stime di perdite milionarie e andamenti di mercato generale. Ma, tra il pessimismo generale, arriva un’analisi che sembrerebbe ribaltare totalmente la situazione: è quella di Lucio Miranda e Muriel Nussbaumer, presidente e Ceo di ExportUsa, società di consulenza che aiuta imprese e professionisti a entrare, con successo, nel mercato americano, secondo i quali, infatti, l’aumento dei dazi all’importazione comporterà per l’Italia un calo di esportazioni di 150 milioni di dollari (di formaggi e liquori, gli unici effettivamente colpiti nel settore agroalimentare), mentre genererà un aumento delle esportazioni italiane per 320 milioni di dollari di vino, olio, beni industriali ed altre categorie di prodotti di minor valore, con una crescita netta di esportazioni italiane per 170 milioni di dollari anno. E il perché sarebbe molto semplice: l’aumento dei dazi americani colpisce l’olio spagnolo ma non l’olio italiano, il vino francese e il vino spagnolo, ma non quello italiano e alcuni prodotti industriali tedeschi, ma non italiani. Così, i prodotti italiani si ritaglierebbero una fetta di mercato che altrimenti sarebbe già “occupata” dai prodotti di altri Paesi. Prendendo in esame proprio la situazione del vino tricolore, ad esempio, gli esperti di ExportUsa affermano: “Qui il piatto è più ricco. Nel 2018 le esportazioni di vino francese in America sono state pari a 1 miliardo di dollari, a cui si aggiungono 171 milioni di esportazioni di vino dalla Spagna e 90 milioni di dollari per le importazioni di vino tedesco. In totale, le vendite di vino in America di provenienza francese, tedesco e spagnolo ammontano a 1.250 milioni di dollari. È probabile che le vendite di vino italiano in America aumentino per un effetto sostituzione dovuto all’aumento dei prezzi al consumo sul mercato americano del vino francese, spagnolo e tedesco. Ipotizziamo un 20% di effetto sostituzione in ragione dei fortissimi contatti che le aziende vinicole italiane hanno con la distribuzione in America. Il tutto si traduce in un aumento di vendite di vino italiano negli Usa pari a 250 milioni di dollari”.
E lo stesso ragionamento è effettuabile sul settore olivicolo: attualmente i dazi sulle importazioni di olio di oliva in America sono del 10%. Dal 18 ottobre i nuovi dazi sull’import di olio sono passati al 35% per la Spagna, ma non per l’Italia. “Nel 2018 le esportazioni di olio d’oliva dalla Spagna in America - spiegano - sono state pari a 252 milioni di dollari. A seguito dei nuovi dazi americani sull’import di olio dalla Spagna i prezzi al consumatore dell’olio iberico in America aumenteranno in media del 13-14%. È plausibile che a seguito dell’aumento di prezzo le vendite di olio spagnolo scenderanno e che parte di questo calo sia compensato dall’olio italiano? È ovvio. Vogliamo dire un 20%? Sì, anche perché l’Italia è al primo posto per l’export di olio in America, per cui le connessioni commerciali per prendere vantaggio da questa situazione ci sono. Possiamo ipotizzare - sottolineano - 50 milioni di dollari di vendite in più per l’olio italiano in America”.
Ma ci sono anche quei prodotti che sono stati inseriti nella lunga lista di prodotti su cui sono entrati in vigore i dazi a stelle e strisce, come, nel caso dell’Italia, due formaggi simbolo dell’eccellenza gastronomica italiana all’estero, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. Anche per il loro caso, Miranda e Nussbaumer sembrano osservare la situazione da un’angolazione del tutto diversa. “Il grosso della polemica - fanno notare - è partito dalle associazioni di categoria del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano, le cui esportazioni in America sarebbero colpite al cuore dall’aumento dei dazi. Proviamo a vedere - proseguono - lo scenario dell’aumento dei dazi su Parmigiano e Grana con gli occhi di una massaia americana che si accinge all’acquisto. Prendiamo un considerazione la “mezza libbra” (ovvero 226 grammi) che, per il formaggio, è l’unità di consumo più comune in America. Mezza libbra di Parmigiano Reggiano costa adesso sui 11 dollari al pubblico, mentre mezza libbra di Grana Padano costa, invece, intorno ai 4,50 al pubblico. Dopo l’aumento dei dazi i prezzi passerebbero a Parmigiano Reggiano 12,50 (+1,50) e Grana Padano 5,30 (+0,80). Davvero pensiamo che un aumento di prezzo al pubblico di questa entità possa determinare il crollo totale delle vendite di Parmigiano e di Grana in America? Forse no”.
Infine, si considerano le conseguenze dell’aumento dei dazi sulle esportazioni di liquori italiani in America. “Il fatturato totale dell’export di liquori dall’Italia negli Usa vale 190 milioni di dollari. Anche qui i dazi aumenterebbero del 25%. Siamo convinti che l’elasticità della domanda al prezzo per liquori, come ad esempio il Campari o l’Aperol, sia piuttosto bassa. Non ci sono sostituti per questi due prodotti e coloro che apprezzano li apprezzano continueranno ad ordinarlo anche se il prezzo dovesse aumentare. Ciò premesso, comunque, possiamo ipotizzare che l’Italia perda 25 milioni di dollari di vendite di liquori in America per effetto dell’aumento dei dazi”, concludono.

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