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SI CHIAMANO GORGOTTESCO E TENERONE, MAMMOLO, ZUCCACCIO, SALAMANNA, E IL LORO TERROIR E’ LA CITTA’: SONO I PIU’ ANTICHI VITIGNI CHE SIENA RISCOPRE DENTRO LE MURA E NEGLI SPAZI RURALI SUBURBANI. E’ IL “SENARUM VINEA”, PROGETTO UNIVERSITÀ-CITTÀ DEL VINO

Italia
La vigna negli effetti del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti

Si chiamano Gorgottesco e Tenerone, Mammolo, Zuccaccio e Salamanna e si distinguono dai vitigni più noti e conosciuti per i loro nomi insoliti e curiosi, ma soprattutto per una particolarità: da centinaia di anni il loro terroir d’elezione è la città. Sono solo alcuni dei più antichi vitigni autoctoni che Siena riscopre grazie a “Senarum Vinea - Le vigne di Siena”, il progetto di riconoscimento e valorizzazione del patrimonio viticolo autoctono e delle forme storiche di coltivazione della vite nella città murata e negli spazi suburbani, realizzato dal Laboratorio di Etruscologia e Antichità Italiche dell’Università degli Studi di Siena e promosso dalle Città del Vino con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, presentato oggi, 15 dicembre, a Siena (info: www.cittadelvino.it).
Dalla storia all’archeologia, dall’arte all’ampelografia, dalla botanica fino alla biologia molecolare, “Senarum Vinea” è un progetto interdisciplinare che ha come obiettivo l’individuazione di un percorso storico attraverso la mappa topografica dei vigneti più antichi che da secoli crescono all’interno delle mura di Siena e negli spazi rurali suburbani. Le antiche “Gabelle” e la ricca documentazione custodita dagli Enti religiosi, insieme alle testimonianze iconografiche del territorio senese con le relative tecniche di coltivazione della vite prima dell’avvento dell’agricoltura meccanizzata, di cui la grande tradizione figurativa del paesaggio senese è ricca di esempi e autori illustri - da Simone Martini ad Ambrogio Lorenzetti e gli affreschi ricchi di particolari sulla campagna senese in epoca medievale negli “Effetti del Buon Governo” nel Palazzo Pubblico di Siena - e lo studio delle carte di Siena, hanno permesso di individuare i tanti orti urbani presenti all’interno dei conventi e delle contrade, ma anche poderi suburbani, che hanno fatto sì che la città, soprattutto nel suo settore meridionale, mantenesse inalterato un profilo unico ed autentico, in cui si conservano tracce di vigneti destinati a produzioni di vino limitate all’autoconsumo. Le viti vengono ancora coltivate su sostegno vivo, seguendo modalità di diretta ascendenza etrusca, o a pergola o a spalliera: insieme costituiscono un vero e proprio patrimonio di tecniche tradizionali che, con l’antichità dei vitigni, definiscono specifiche unità paesaggistiche, sempre più a rischio di estinzione.
“Senarum Vinea” ha permesso di riscoprire ceppi centenari di vitigni autoctoni sopravvissuti fino ad oggi, ma a lungo dimenticati: la campionatura e le analisi hanno consentito di realizzare un primo parziale censimento della matrice storica del patrimonio viticolo della Città di Siena. E’ stato possibile individuare esemplari di Gorgottesco (indicato assieme al Sangioveto e al Canaiolo nei bollettini ampelografici di fine Ottocento come uno tra i vitigni più coltivati nella campagna toscana), Tenerone, Mammolo, Zuccaccio e Salamanna, varietà già iscritte e segnalate come rare e ad alto rischio di estinzione nella banca dati del Germoplasma Autoctono Toscano, distinguendo anche varietà che potrebbero essere uniche e che non hanno, al momento, trovato riscontri con nessun altro vitigno autoctono inserito per il confronto genetico.
“Senarum Vinea” è un progetto che coinvolge più settori disciplinari dell’Università degli Studi di Siena e non solo: oltre al Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti (Insegnamento e Laboratorio di Etruscologia e Antichità Italiche e Insegnamento di Iconologia e Iconografia), partecipano al progetto anche il Dipartimento di Storia (Insegnamento di Storia Medievale), e il Dipartimento di Scienze Ambientali “G. Sarfatti” (Insegnamento di Botanica Generale), insieme alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.

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