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600 milioni di euro di giro d’affari, con l’export che vale l’80% e cresce, ma bene anche il mercato Italia (+20% nel 2017 sul 2016): i numeri da capogiro della Valpolicella, ad Anteprima Amarone (3-5 febbraio, Verona)

Vola l’Amarone sui mercati internazionali, con una crescita in valore del 10% nel 2017 sul 2016 e con il 68% dei volumi complessivi del Re della Valpolicella destinati all’estero. Lo rileva, in occasione di Anteprima Amarone (Gran Guardia di Verona, fino al 5 febbraio, www.anteprimaamarone.it) l’indagine annuale svolta dall’Osservatorio Vini della Valpolicella e curata da Nomisma-Wine Monitor su un campione rappresentativo di imprese produttrici.
Luce verde su tutti i principali mercati di destinazione, a partire dalla Germania (+30%) che con quasi il 25% delle vendite rappresenta il principale sbocco per l’Amarone. Bene anche gli Usa (+10%), mentre Svizzera e Regno Unito segnano incrementi vicini al 5%. Tra gli sbocchi secondari è inoltre alto il gradimento nei mercati asiatici, con Cina e Giappone che crescono del 15%. “In un anno non facile per il segmento dei rossi fermi italiani - ha detto la direttrice del Consorzio tutela vini Valpolicella, Olga Bussinello - l’Amarone conferma il suo forte appeal sui mercati internazionali, complice da una parte la ripresa economica, dall’altra una maggior forza commerciale del nostro tessuto imprenditoriale e del nostro brand. Una buona notizia, che ci permette di festeggiare quest’anno le nozze d’oro della denominazione nella consapevolezza di aver intrapreso la strada giusta”.
Ma la sorpresa più rilevante arriva dal mercato interno, che chiude il 2017 in grande ascesa (+20%), trainato dall’aumento dei consumi fuori casa. In Italia infatti la Gdo detiene un ruolo marginale nella distribuzione di Amarone (25% la quota, per un valore peraltro in crescita di quasi il 13%), mentre ristorazione ed enoteche assorbono assieme il 60% del mercato interno. Sugli scudi infine la vendita diretta, grazie anche al significativo incremento di turisti in Valpolicella, cresciuti quasi il doppio della media regionale di arrivi dal 2009 al 2016 (+54%). Secondo le elaborazioni Nomisma-Wine Monitor l’Amarone ha prodotto lo scorso anno un giro d’affari pari a circa 355 milioni di euro. La Valpolicella, con 7.994 ettari vitati e circa 2300. aziende produttrici, è la più grande Doc italiana tra le 20 che festeggiano i cinquant’anni della denominazione nel 2018.
Un Amarone che “in un Veneto in cui ci sono 52 denominazioni, il biglietto da visita della regione rimane questo rosso. Amarone e Prosecco sono due produzioni incredibilmente performanti, che messe insieme sono come una falange macedone sul mercato”. Amarone vino simbolo di una Valpolicella che ha fondato parte del suo successo sulla pratica dell’appassimento, che secondo Zaia dovrebbe essere candidata come Patrimonio Unesco: “siamo pronti ad avanzare la richiesta, per valorizzare una storia di successo dovuta a imprese ed istituzioni”.
E caratteristica di un territorio che è forte anche di una produttività tra le più alte in Italia - fino a 24.000 euro a ettaro - un giro d’affari complessivo che supera i 600 milioni di euro, una media di 1.250 giornate lavoro per azienda tra addetti stagionali e a tempo indeterminato. Con 62 milioni di bottiglie (fascette distribuite nel 2017) è fondamentale per l’economia veronese. Secondo le elaborazioni (base Inps) realizzate dal Consorzio Tutela vini Valpolicella su un campione significativo delle 2.300 aziende vinicole del territorio, la spesa media aziendale per le retribuzioni dei propri addetti è di circa 100.000 euro per azienda, in un’area che da sempre fa dell’integrazione il proprio punto di forza, con 460 lavoratori extracomunitari, 1.030 provenienti da Paesi Ue e circa 1.080 italiani. Secondo il Consorzio a ciò si deve aggiungere l’indotto, generato dai servizi e dal turismo, cresciuto dal 2009 al 2016 del 54%, il doppio rispetto all’incremento regionale nello stesso periodo. “Quella del vino è una delle economie principali di Verona, che non a caso è la prima città italiana per export enologico - ha detto Olga Bussinello - l’obiettivo è pesare sempre più sul piano socioeconomico e sempre meno su quello ambientale, e la certificazione RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta) che perseguiamo da tre anni va in questa direzione”.

Il Consorzio Valpolicella vanta una rappresentatività molto elevata (80%) su una particolare morfologia delle sue imprese, perlopiù di piccole e medie dimensioni distribuite in un mega-vigneto di 8.000 ettari. La produzione artigianale vede esportare 8 bottiglie su 10, grazie anche alle attività di promozione e internazionalizzazione organizzate dal Consorzio, molto partecipate anche dai più piccoli: nel 30% dei casi le imprese presenti non superano infatti la produzione di 20.000 bottiglie. Tra le 1.636 aziende produttrici socie oltre la metà ha dimensioni sotto i 2 ettari mentre solo il 7,5% va oltre i 100.000 metri quadrati; a fronte di ciò, la produzione lorda vendibile è altissima, con le uve a 23-24mila euro per ettaro, così come il valore aggiunto che in diversi casi supera il 30%. Infine il valore fondiario, che in diverse aree può arrivare a 450.000 euro.

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