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“PER EVITARE CLONI, A BUON MERCATO, DELLE DENOMINAZIONI L’UNICA SOLUZIONE E’ REGISTRARLE COME MARCHI D’IMPRESA, SEGUENDO L’ESEMPIO DEL BRUNELLO”. COSI' RIVELLA, UNIONE ITALIANA VINI, DOPO LA DECISIONE UE

Italia
Ezio Rivella

“E’ un gravissimo attacco al vino “made in Italy”, una decisione che provocherà danni enormi all’immagine e alle esportazioni dei nostri prodotti”: così Ezio Rivella, presidente dell’Unione Italiana Vini, commenta la decisione di oggi della Commissione europea di approvare la proposta di modifica al Regolamento n. 753/02, dando così la possibilità a Paesi terzi di utilizzare liberamente ben 17 menzioni tradizionali italiane, come Brunello, Amarone, Morellino, Passito e Recioto, termini difficili da proteggere perché non correlati ad un preciso luogo geografico. “A questo punto - sostiene Rivella - l’unica via d’uscita è depositare le menzioni come marchi d’impresa, una soluzione già adottata dal Brunello di Montalcino, registrato da alcuni anni come marchio in molti Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada e Giappone. Visto che non si può più contare su una tutela a livello comunitario dobbiamo affidarci ad una logica strettamente commerciale, e cominciare a depositare in tutto il mondo i nomi dei nostri vini come se fossero veri e propri marchi. I consorzi di tutta Italia si devono attivare per registrare al più presto le proprie menzioni nei principali Paesi, altrimenti il rischio è che in Australia, Nuova Zelanda o Stati Uniti vengano prodotti cloni a buon mercato delle nostre migliori denominazioni. Naturalmente - conclude Ezio Rivella - non ci arrenderemo: continueremo a lottare contro questa assurda decisione, che minaccia il nostro ricchissimo patrimonio di storia e cultura e mette a repentaglio il grande vino italiano di qualità”.

Commissione Ue: la decisione di oggi
E' stata confermata, oggi, a Bruxelles, con un nuovo voto da parte del Comitato europeo di gestione del vino, la modifica del regolamento Ue, che darà la possibilità ai paesi terzi di utilizzare - a determinate condizioni - le menzioni tradizionali poste sull'etichetta dei vini europei. Nell’Ue, tra le 17 menzioni italiane più protette si ritrovano il Brunello di Montalcino, ma anche l’Amarone, il Cannellino, il viterbese Est est est, o il foggiano Cacc’e Mitte e ancora il Morellino, il Passito, il Recioto.
La Commissione europea ha oggi sottoposto nuovamente le proposte di modifica del regolamento Ue agli esperti degli stati membri del Comitato europeo di gestione dei vini. Nessun Paese ha però modificato la sua posizione rispetto alla votazione già espressa il 27 gennaio, alla quale si erano solo opposti i paesi produttori. In primo luogo, l’Italia, seguita da Francia, Spagna, Grecia, Portogallo e Lussemburgo. I voti riuniti erano però insufficienti per rinviare la proposta al Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura dell’Unione Europea. Ora la Commissione è in grado di varare il regolamento che dovrebbe essere messo a punto entro le prossime due settimane. Contro la proposta il Ministro per le politiche agricole Giovanni Alemanno che ha lanciato un appello alla Commissione affinché riveda “profondamente” il regolamento sull'etichetta dei vini in quanto - ha detto - l’Italia “non può accettare l’omologazione e il livellamento verso il basso”. Ieri, Bruxelles aveva reagito all’alzata di scudi da parte del mondo agricolo italiano affermando di non condividere le preoccupazioni dell’Italia. Gregor Kreuzhuber, portavoce del commissario europeo per l'agricoltura Franz Fischler, aveva tenuto a sottolineare: “non è corretto affermare che i grandi vini di qualità italiani perdono la protezione di cui godono in seguito agli interventi che stiamo preparando, a causa di critiche internazionali”. Ad esempio, “se l’Argentina vorrà utilizzare la menzione “Brunello”, dovrà rispettare condizioni e criteri molto stretti, e in primo luogo provare che l’indicazione veniva già utilizzata in passato”. Per la Commissione, quindi, era necessario tener conto “delle forti lamentele da parte dei paesi terzi sulla compatibilità del regolamento Ue con le regole dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), giunte soprattutto da Australia, Usa, Nuova Zelanda, senza escludere alcune paesi del Sudamerica”.
Nel mirino è il regolamento Ue sull’etichettatura dei vini in vigore dall'agosto 2003 e che comprende due liste di menzioni tradizionali protette: nella prima lista, in cui sono presenti 17 etichette italiane, rientrano le denominazioni e indicazioni geografiche ad alta protezione da cui sono escluse le produzioni estere; la seconda, più ampia e a protezione meno elevata, comprende 49 menzioni italiane, ma è aperta a determinate condizioni ai vini dei paesi terzi.
Se la Commissione formalizzerà quanto confermato dal Comitato di gestione dell’Unione Europea, il ricorso alle menzioni tradizionali, anche da parte dei produttori extra-Ue, sarà possibile se un prodotto con quella menzione viene utilizzato da almeno 10 anni. Non sarà, però, più necessario, per i paesi terzi, che la stessa menzione sia stata riconosciuta o protetta in un quadro legislativo nazionale come si richiede attualmente. Sarà invece sufficiente che quel prodotto sia conforme alle regole in vigore per i produttori di vino nel paese di origine, comprese le regole di un’organizzazione professionale rappresentativa.

Le reazioni alla decisione Ue
Coldiretti: lo scippo dei grandi vini vini
E’ un “regalo alla vinopirateria internazionale”, il nuovo via libera condizionato del Comitato di gestione europeo del vino alla possibilità di utilizzare le menzioni tradizionali riservate ai prestigiosi vini italiani. E questo, “nonostante il monito del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi contro la pirateria e a difesa della proprietà intellettuale”.Per l’organizzazione agricola, che auspica “l'opposizione dei commissari europei alla formalizzazione del testo da parte della Commissione”, la conseguenza della decisione assunta sarà “il via libera alla vendita del Brunello argentino, dell’Amarone sudafricano, del Morellino neozelandese, del Vinsanto australiano, del Recioto cileno e del Gutturnio “made in Usa”. Una scelta giustificata dalla volontà di favorire l’accordo sul commercio internazionale sotto la pressione proprio di Australia, Usa, Nuova Zelanda e Sud-America”. Insomma - ribadisce la Coldiretti - un regalo alla “vinopirateria” internazionale che già colpisce pesantemente le produzioni italiane di vino a denominazione di origine. Secondo una indagine di Nomisma, solo negli Stati Uniti il mercato dei vini di imitazione del made in Italy è quasi uguale a quello delle nostre esportazioni”. L’attenzione nei confronti della tutela dei prodotti alimentari tipici minacciati dalle imitazioni - conclude la Coldiretti - “é una scelta di trasparenza di mercato che per l’Europa e l’Italia ha anche un’importante ricaduta economica e occupazionale”.
La Confagricoltura: pericoloso precedente
La proposta della Commissione Europea sulle etichette dei vini “non solo recherebbe fortissimi danni ad uno settori più vitali dell'agricoltura italiana, ma rappresenterebbe un pericolosissimo precedente per la tutela di tutte le produzioni tipiche di qualità di cui il nostro Paese è leader indiscusso". Augusto Bocchini, presidente della Confagricoltura, ha invitato il presidente della Commissione Prodi e il Commissario Monti a “prendere atto delle gravissime conseguenze che tale decisione avrebbe per il nostro patrimonio vitivinicolo”.
Cia: è un assist alla enopirateria
"Un attacco alla qualità e alla tradizione del nostro Paese è un vero e proprio assist che consentirà all'enopirateria internazionale di fare altri goal alla produzione vinicola italiana". Così la Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) ha commentato la decisione, ancora condizionata, del Comitato di gestione europeo che modifica il regolamento Ue. Nel denunciare la gravità della decisione, la Cia sostiene la posizione assunta dal Ministro delle Politiche Agricole Alemanno e sollecita i rappresentanti italiani a Bruxelles affinché "si impegnino in maniera decisiva per la modifica del regolamento sull'etichettatura che penalizza fortemente l'Italia e rischia di provocare pesanti contraccolpi all'economia agricola nazionale".

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