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Caporalato tra i filari: la denuncia di “Slow Food” nell’inchiesta tra le aziende di Langa e Monferrato firmata da Giancarlo Gariglio. Lavoro nero, sfruttamento ed un sistema in cui il “bianco” ed il “nero” si mischiano ogni giorno

Italia
Caporalato tra i filari inchiesta Slow Wine

Il caporalato, nelle campagne italiane, è un problema annoso, a cui proprio non si riesce a porre rimedio. Credere che riguardi solo le filiere più povere, che non godono di ampi margini di guadagno, come quella del pomodoro o delle arance, che spesso guadagnano le prime pagine dei giornali, sarebbe però un errore. Neanche il più fortunato e patinato mondo del vino è immune da un certo tasso di lavoro sottopagato e, in alcuni casi, di vero e proprio sfruttamento.
In vendemmia, notizie del genere saltano fuori spesso, ma adesso da “Slow Food” (www.slowfood.it) arriva una denuncia più circoscritta, frutto di un lavoro d’inchiesta approfondito di Giancarlo Gariglio, tra i curatori della guida della Chiocciola, che ha provato a fare un po’ di luce sulle zone d’ombra dietro alle quali, anche nelle Langhe e nel Monferrato, si nascondono cooperative poco trasparenti e aziende un po’ troppo furbe.
Quello che ne emerge, è un panorama poco edificante, certamente parziale, ma che racconta un sistema in cui esistono “lavoratori sfruttati a tutti gli effetti, che percepiscono salari da fame e dipendono da connazionali arrivati prima di loro, che si arricchiscono alle loro spalle sfruttandone le prestazioni”. Tutto, scrive Gariglio, inizia dal costo orario: le tariffe ufficiali parlano di 10 euro l’ora più Iva, ma al nero si arriva a 8, e “se l’azienda in questione è grande e richiede molto lavoro si può arrivare a 6 euro”. E la tariffa scende persino a 4 euro se il lavoratore è alle prime armi. Altro fronte è quello del lavoro a cottimo, in cui la cooperativa si assume la responsabilità di un determinato lavoro in vigna ad una cifra prestabilita, senza alcuna responsabilità per l’azienda. Così, capita di lavorare ininterrottamente per 10 ore, compreso il week end (quando le forze dell’ordine allentano la stretta dei controlli), anche nelle ore più calde, per salari davvero da fame: 3 euro l’ora, in Sicilia persino 2,5, con il rischio di svenimenti e relativi rimpatri.
Il risultato è una commistione di “bianco” e “nero”, come lo definisce Gariglio, in cui accanto ai listini regolari ne esistono di irregolari, ed accanto alle cooperative regolari è un florilegio di veri e propri caporali, che spesso forniscono manodopera al nero proprio alle cooperative. Senza dimenticare che, nel “pacchetto”, è compreso anche l’alloggio, “un letto in camerate sovraffollate a 200 euro il mese”, a peggiorare la situazione. E, come conclude Gariglio, “se la situazione di schiavitù è così nel basso Piemonte, si può facilmente immaginare cosa accada nel resto d’Italia, magari in regioni in cui il prezzo delle uve e del vino è sensibilmente più basso ...”.

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