“Sostenibilità” è una parola ormai onnipresente quando si parla di vino, e concetto guida del lavoro di molte cantine del Belpaese, su diversi fronti: da quello ambientale a quello sociale, fino a quello economico. Eppure, c’è chi è convinto che si possa fare di più. Come Michele Manelli, vulcanico produttore con la sua Salcheto, a Montepulciano, che, dopo aver fatto della sua cantina nella terra del Nobile di Montepulciano la prima completamente scollegata dalla rete energetica nazionale, e aver investito molto in progetti come “Salcheto Carbon Free”, tra gli altri, lancia la prima “Wine School of Sustainability” (http://thewineschool.it/), in collaborazione con l’Università di Siena e l’hub di innovazione Santa Chiara Lab. Per finanziarla sarà lanciato anche un crowdfunding, che sarà aperto il 10 aprile sulla piattaforma Idiegogo, e chiuderà il 10 giugno, e i contributi raccolti anche grazie ai prodotti - buoni e sostenibili - messi a disposizione, saranno destinati ad erogare borse di studio per quegli imprenditori e collaboratori delle piccole e medie imprese che popolano la filiera del vino e faticano ad accedere ad informazione e formazione qualificata. Il primo appuntamento importante è già in calendario: il primo Master in “Wine Sustainability” (Marketing & Business Administration, in lingua inglese), previsto per settembre 2016.
Il perché di tutto questo “è semplice: dobbiamo rendere economico il prodotto sostenibile - spiega Manelli - e nel mondo del vino cresce il bisogno di formazione su di un nuovo paradigma di impresa che curi l’ambiente e le relazioni sociali, ma che sia al contempo altamente competitivo”.
Una riflessione che parte dai numeri: secondo i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, il 60% delle emissioni clima-alteranti derivano dalla produzione di beni di consumo, e l’industria del vino, come qualsiasi altra, oltre ha tanti aspetti virtuosi come la tutela dei territori agricoli, ha anche le sue responsabilità (ad esempio l’1% delle emissioni di gas serra in Europa).
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