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Dalla vigna al mercato, passando per visioni diverse, dalla biodinamica alla genetica, ma per tutti, nel mondo del vino, l’obiettivo è investire nella sostenibilità, e raccontarlo: la sintesi possibile dei messaggi al Congresso Assoenologi

Italia
La degustazione di Tignanello e Sassicaia con Piero Antinori e Mario Incisa della Rocchetta al Congresso Assoenologi a Firenze

La maggiore sostenibilità del processo produttivo, ma anche del prodotto finito per i consumatori, è un obiettivo di tutto il mondo del vino. Ma a volte si parte posizioni estreme. Come quelle della biodinamica, le cui pratiche servono per “accogliere meglio l’energia e la vita che dal sistema solare viene sulla terra”, ha detto il celebre produttore francese Nicolas Joly. Altre si lavora di certificazione, magari mettendo insieme più protocolli che vanno dalla gestione dell’acqua alla misurazione dell’impronta carbonica, ma “sempre con la convinzione che la sostenibilità è un viaggio e non una meta”, ha detto il californiano Steve Matthiasson. Altre ancora si punta sulla cisgenetica e l’epigenetica, come ha ricordato il professor Attilio Scienza dell’Università di Milano, lavorando “sulle radici, per troppo tempo dimenticate dalla ricerca, e sui portinnesti, come quelli della serie “M” creati dall’ateneo milanese e le imprese riunite in WineGraft, capaci di resistere meglio ai cambiamenti del clima”, anche se servirebbero più risorse anche da parte dello Stato, che in questo senso dovrebbe fare una scelta anche politica. Di certo, la sostenibilità sarà “il vero affare del futuro, oltre che un fatto etico, e lo dico da mercante - ha detto Oscar Farinetti - ma l’Italia, che è già considerato come il Paese più “verde” del mondo, deve arrivare prima di tutti su questo tema, ed essere identificato come produttore di vino del “rispetto” dell’ambiente e del consumatore”. Ma serve un approccio laico, perchè prima di tutto “conta la sanità dell’uva: bene fare il biologico dove si può, ma non dovunque è possibile, e non è tanto una questione di costi”, ha detto l’ad di Antinori Renzo Cotarella. Sono alcuni degli atout emersi nel Congresso Assoenologi, di scena a Firenze. Da cui è emersa anche una fotografia insolita dell’Italia enoica, scattata prima della vendemmia dal nuovo Registro Telematico dei controlli, ha spiegato il vertice dell’Icqrf Stefano Vaccari, con “l’81% del vino italiano stoccato sopra a Roma, con le sole Province di Verona e Treviso a detenere 1/6 del vino tricolore, più di Puglia e Sicilia messe insieme” (https://goo.gl/hTPCdf). E da dove il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina (https://goo.gl/SiZmHC) ha rassicurato i produttori: “il ritardo sul fronte Ocm promozione lo stiamo recuperando - ha sostenuto - il sorpasso i valore delle Francia in Usa non ci preoccupa, e investiremo anche nel vino i 31 miliardi di euro stanziati per la ricerca sul tema della sostenibilità”. Fondamentale, per sintetizzare ricerca, produzione e mercato, il ruolo dell’enologo, ha detto Riccardo Cotarella, guida di Assonologi e fresco di conferma come presidente dell’Association International des Oenologues (con Serge Dubois, https://goo.gl/Gvy8es): “ho chiesto ai miei colleghi enologi una riflessione cioè cosa sarebbe stato del nostro lavoro e della nostra professione senza vitigni. Ed aggiungo: che sarebbe stato del mondo del vino italiano senza gli enologi? Ognuno può trarre le sue conclusioni, ci sarà chi pensa che siano indispensabili e chi no, ma io penso che la professione dell’enologo, interpretata a 360 gradi, abbia dato al vino non soltanto la qualità, che è un dovere della nostra professione, ma anche un’immagine, una penetrabilità nel sistema passionario delle persone che, probabilmente, non avrebbe avuto senza il nostro apporto”.
Solo una, delle tante possibili sintesi di un congresso da cui è emersa anche un’immagine della Toscana forte nel mondo, ma con tante anime, obiettivi e visioni diverse, come raccontato dai vertici dei consorzi di Chianti, Chianti Classi, Nobile di Montepulciano, Bolgheri e San Gimignano (https://goo.gl/NJ7HeA). I cui vini sono stati protagonisti nei calici, insieme a quelli del Portogallo Paese ospite, anche se, su tutte, è spiccata di gran lunga una degustazione: quella che ha visto protagonisti due miti del vino italiano e mondiale, il Sassicaia e il Tignanello 2008, raccontati, spalla a spalla come rarissime altre volte, da due protagonisti assoluti del Rinascimento enoico del Belpaese, Nicolò Incisa della Rocchetta e Piero Antinori (https://goo.gl/dGgfS9).

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