Capita di comprare una bottiglia senza sapere che tipo di vino si ha di fronte. Colore chiaro e vivo, un naso delicato di agrumi e pera. Una bocca che conferma la premessa olfattiva con una freschezza citrina e una sapidità salmastra, entrambe luminose e persistenti, accompagnate da una lieve bollicina, perfettamente in sintonia con l'assoluta facilità di sorso. Capita di cercare notizie in rete ed imbattersi in descrizioni che non coincidono col bicchiere che si ha davanti, pétillance in primis. Un residuo zuccherino di 18 grammi litro potrebbe spiegare l'evoluzione: una plausibile rifermentazione in bottiglia. Ed è qui che si scindono le scuole: fra chi si sente tradito e chi accoglie con meraviglia un bicchiere inaspettato, ma comunque gradevolissimo. Il vino può essere anche questo e, conoscendo la filosofia aziendale di Dettori, probabilmente è contemplato: la cantina non prevede l'uso di lieviti selezionati, di chiarifiche o filtrazioni, e nella vigna usano solo zolfo, se necessario. Questo per permettere al vino di esprimere il territorio da cui proviene (Sardegna, Romangia per la precisione) secondo il loro concetto: “Siamo piccoli artigiani del Vino e della Terra. Scusate, ma non seguiamo il mercato, produciamo vini che piacciono a noi, vini della nostra cultura. Vini liberi. Liberi di esprimere sé stessi. Sono ciò che sono e non ciò che vuoi che siano”. Una semplice spremuta d'uva fermentata.
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