Non c’è due senza tre. A questo punto, dopo il Moscato d’Asti e l’Asti Spumante, entrambi dolci e Docg, mancava solo la versione secca del Moscato Bianco di Canelli: prodotta nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo, e i cui paesaggi viticoli sono stati oltretutto inseriti fra i patrimoni Unesco. Ma dalla fine dello scorso anno è arrivato anche l’Asti Secco, sempre con Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Si è partiti con sedici marchi e circa settecentomila bottiglie, stando ancora alle cifre targate 2017, dopo una serie di sperimentazioni del Consorzio di Tutela tese alla ricerca di una vinificazione e di una presa di spuma capaci di confermare le fragranze olfattive dell’uva, senza però porne in rilievo il finale tipicamente amarognolo: che forse, in mancanza di zuccheri residui, sarebbe potuto risultare pur minimamente penalizzante. Grazie a un lavoro oculato sui lieviti selezionati si è quindi ottenuta in autoclave anche questa tipologia di spumante, che dovrebbe fornire ulteriore versatilità a un prodotto solitamente esportato per l’85% dell’intera gamma. Fra le aziende da subito attive nella diffusione del verbo secco dell’Asti c’è anche Toso, che nel bicchiere rivela i classici aromi di lavanda, salvia, muschio, acacia, mela, pera, pesca e banana. In bocca fresco, equilibrato, succoso, florale e fruttato, costituirà un intrigante e conviviale aperitivo.
(Fabio Turchetti)
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