Ci son voluti 13 anni prima che in casa Krug staccassero la spina alla sosta sui lieviti di questo 2004. Prima nota indicativa per valutarne il potenziale di complessità. Ma per vini come questo anche un pit stop così ampio può essere appena bastante a scolpirne appieno il profilo. Ed è nella sua ultima vita in bottiglia che può essere valutata tutta la stamina di quest’edizione del Vintage, oggi (pur scintillante) frammento nella galassia Krug, la cui stella cometa è più che mai, al netto dei vari Mesnil e Ambonnay, pezzi da olimpo dello Champagne, la Grande Cuvée, incarnazione diretta della filosofia della casa e meditata espressione dell’“ésprit nouveau” che, usando a tutta anche supporti informatici e social, la gloriosa maison ha da un po’ messo in campo. Il riassaggio a un anno dall’uscita (tanto più stimolante perché in compagnia di Henry Krug, impagabile ambasciatore globale del brand) racconta dunque d’un 2004 in piena evoluzione: battezzato al debutto dalla casa come “freschezza lucente”, note – appuntate allora - di scorza d’agrume, erbe, farina di mandorla a marcarne il primo impatto, eccolo cresciuto (senza sconti di luce, per carità) in avvolgenza, con note floreali più dense, frutta fresca esotica (passion, mango) e secca mista a eleganti refoli di cacao, e agrume ora confit. Il sorso è lungo e godurioso. E l’impatto pienamente gourmand. Da seduzione, senza rimorsi.
(Antonio Paolini)
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