Un vino singolare, sfida a molti luoghi comuni. Somiglia tanto a una scommessa quella di proporre un rosso da campo misto in un’era di vigneti super specializzati, quando parlare di più uve nello stesso appezzamento può apparire quasi un’eresia, o al massimo la citazione passatista di vecchi metodi contadini più subìti per fatalità che scelti (e per di più qui a comporre il mosaico non ci son due o tre varietà, ma la bellezza di trenta). Non bastasse, ecco il rilancio ulteriore: uscire con il multivarietale di cui sopra dieci anni dopo la vendemmia, come si farebbe con la super riserva d’un top wine. Follia? Azzardo? Forse, per gente normale. Altra storia se dietro - ed è il caso del Jassarte 2008 - c’è la mano (e la testa e i saperi) di uno dei guru del vino europeo, il professor Attilio Scienza, e la partecipazione colta e proattiva di Michele, suo figlio, che con sua moglie ha raccolto e trasferito in corpore vini il “vangelo” che il papà predica ex cathedra. Il Jassarte è la miglior prova che il vino - il grande vino - si può in molti modi, purché si sappia fino in fondo come e cosa si sta facendo. La sua complessità (sembra fin banale parlarne viste le premesse) non stupisce, ma lo fa la sua coerenza, la profondità, l’armonia gustativa, la freschezza tenace del frutto nobilitata dall’aura dell’affinamento. Un unicum, e un test (godurioso) per chiunque sia curioso e appassionato.
(Antonio Paolini)
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