Fra tutti i maggiori vitigni bianchi internazionali in Italia - Chardonnay, Sauvignon, Riesling – il meno conosciuto e più incompreso è sicuramente il Viognier. Poco coltivato anche in Francia fino ad una generazione fa e confinato ad una piccola area del Rodano settentrionale, la varietà ha avuto una grande espansione pure in Francia nell’ultimo trentennio, principalmente nel Midi, e poi è sbarcato in zone cisalpine a partire degli anni ’90. Trattato come un’uva qualsiasi, idoneo per vini freschi e beverini, la sua vera vocazione è invece per vini ampi e profumati, come i migliori Condrieu gallici. Un’azienda invece che ha capito appieno il Viognier è la Ômina Romana di Velletri, proprietà di una importante imprenditore bavarese che ha messo in piedi un progetto molto ambizioso: cantina e 65 ettari di vigneti. Lì l’enologo consulente, Claudio Gori, professionista molto navigato e ambizioso come il proprietario, tratta il Viognier come lo fanno i migliori produttori sotto Lione: maturazioni molto spinte, fermentazione e affinamento nei piccoli legni, sosta prolungata sui lieviti fini e bâtonnage, un anno in bottiglia prima della commercializzazione. Il risultato è un Viognier con i fiocchi: giallo dorato di colore, molto espressivo al naso con note di albicocche, arance candite e, molto lieve, vaniglia, palato pieno e sostanziale. Un Viognier a regola d’arte, in poche parole.
(Daniel Thomases)
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