La prima idea? Trovare un’intesa amichevole. Con chi? Ma con l’ambiente: i colli al limite alto d’Abruzzo, volti verso mare, ma con alle spalle per custodi i monti di Laga e Gran Sasso, e il fiume Tronto come confine con il prossimo (e per certi versi e vitigni condivisi “parente”) Piceno. Scelta netta, dunque. Espressa già nel brand: Terraviva, e amen. Coerenti e puntigliosi, Pina Marano, Pietro e Federica Topi lavorano per ottenere vini “vivi” (non “clinicamente nati morti”, come avrebbe detto un loro illustre collega e predecessore, Edoardo Valentini, cui da poco Roma ha intitolato addirittura un parco), con scelte incisive e non senza rischi: eco-compatibilità piena, fermentazioni spontanee, rispetto per l’annata. Ma senza privarsi del gusto di sperimentare (sul Trebbiano, il Montepulciano, il Pecorino, la Passerina, il Sangiovese, i vitigni di casa e di zona). Sfornando ottime bottiglie, e (a premiare tanto lavoro e passione) qualche autentico capolavoro. Esempio: il Mario’s 2016, Trebbiano di chiara ambizione, 12 mesi in botte grande (usata, a non velarne la stoffa), poi acciaio e vetro, e che vede la luce solo due anni dopo la vendemmia. Il risultato è davvero intrigante: esotico e “local” insieme, ha sentori leggeri ma tenaci di frutta, terra e spezia fusi alla grande, e un fresco grip al palato che allunga sorso e sensazioni. Un gran bel bianco, a un prezzo sorridente.
(Antonio Paolini)
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