Il Sangiovese del Sud: ovvero, il Gaglioppo. Con le stesse ruvidezze iniziali, il colore tenue e una certa scontrosità d’approccio finché non s’impara a prenderlo per il verso e coi modi e i tempi giusti per approfondire a dovere la conoscenza. Di lì in poi, se tutto va a puntino, dal fustagno nasce il velluto. Anche etereo e con la trama setosa (ma non leggerissima, attenzione!) di questo rosato d’ambizione, speciale, elevato in barrique al di là di ogni più scontato e frequente atteggiamento, e frutto di continuo batonage, lavorato praticamente come fosse un Borgogna made in Calabria. Intensità, struttura, ma anche una capacità materica condita di eleganza, si intrecciano nel risultato, e ne fanno un vino da alta gastronomia. Molto interessante. E d’altro canto, dietro il Grayasusi (che ha anche in gamma un fratellino più “regolare” per fattura e più immediato ancora d’approccio) c’è la mano di un enologo in gamba, come “il” Ciufoli (uno che di Sangiovese sa, e tanto), e la griffe di un’azienda simbolo, dal piglio young & smart, ma con alla guida un timoniere di rodata esperienza, Roberto Ceraudo (affiancato alla grande dai tre figli), e articolata tanto sul fronte vigna e cantina, che su quello dell’accoglienza, corredato di un agriturismo e di un ristorante di tutto rispetto. Se il Grayasusi vi piacerà, consideratelo un messaggio in bottiglia che invita al viaggio e alla visita.
(Antonio Paolini)
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