Una cantina storica - debutto nel 1816 - ma totalmente inserita nel presente e, anzi, grazie a scelte coraggiose e puntigliose, promotrice di una dimensione futuribile quanto gratificante del suo territorio. Solo 50.000 bottiglie prodotte. Dimensioni artigiane dunque, e opzione netta per il biologico e per una modalità di conduzione di vigne e cantina che assecondi il più possibile il Dna di terroir e uve. Indigenissime le bianche, mentre in rosso ci si regala (con amore) la variazione/eccezione del Cabernet Franc. Terreno vulcanico, dall’apporto minerale spiccato e prezioso. Viti di oltre mezzo secolo, e un lavoro caparbio e ambizioso su tutti i vini, ma in modo particolare sul Frascati, epigono bifronte tanto di fama e successo (il trionfo negli Usa del dopoguerra) che di immagine super-popolare e di rischi di sottodimensionamento di reputazione, prim’ancora che di qualità. Il 496 di casa De Sanctis, figlio di meditata e prolungata fermentazione in tini conici d’acciaio, con lieviti non tecnici e zero solforosa aggiunta, è una sintesi di classe e coraggio. Ha le stimmate del Frascati vero e profondo e la precisione di un bianco classico e contemporaneo: il debutto di fiori gialli, le note lievemente aromatiche della Malvasia, e una apparente, iniziale morbidezza d’approccio che poi si affusola e allunga in un sorso pieno, appagante ed elegante. Il Frascati come lo vorremmo sempre.
(Antonio Paolini)
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