Detto innanzitutto del nome dell’azienda, che altro non è se non l’acronimo di Arturo Pelizzatti Perego, scomparso nel 2004 ma vent’anni prima protagonista del giro di vite qualitativo che avrebbe aggiornato il verbo della cantina (fondata dal bisnonno Giovanni nel 1860), ci sarebbe ancora tanto da puntualizzare. Compresa la massima attenzione a vigne, cantina e bottiglie che questa dinastia familiare, giunta alla quarta generazione, ha sempre posto in essere nella sua filosofia produttiva, fra l’altro legata a un contesto vocatissimo per il Nebbiolo, localmente inteso come Chiavennasca. Isabella, Emanuele e Guido sono oggi gli artefici di un passaggio del testimone protrattosi nei decenni, di mano in mano, con risultati emblematici per tutta la Valtellina, senza voler nulla togliere ai tanti bravissimi colleghi. Vini che manifestano all’assaggio tutti i caratteri rappresentativi di un territorio montano rigoroso, pur se di fascino universalmente riconosciuto. Sempre di bella suggestione, ad esempio, rimirare la cura posta verso i vigneti più vecchi, i muretti a secco e i terrazzamenti, per dirne qualcuna: fra gli esempi di un radicamento nel territorio poi capace di proporre etichette mirabili. Prova ne sia, fra gli altri colossi, questo Rosso di Valtellina impeccabile, con piccoli frutti rossi, spezie gentili e tannino equilibrato: ma soprattutto di beva franca come poche.
(Fabio Turchetti)
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