Che buoni i vini di Fenocchio: nella fattispecie di Claudio ed Albino, eredi di Giacomo, che hanno saputo proseguire impeccabilmente lungo la strada tracciata dal loro predecessore, continuando a realizzare campioni sempre felicemente rappresentativi di una concezione che si potrebbe definire “modernamente tradizionale”, se l’apparente ossimoro non sembrasse forse campato in aria. Invece è proprio così: una produzione fatta di botti grandi e di una beva comunque comunicativa e immediata anche in gioventù, pur se poi capace di un’evoluzione temporale ampia, godibilissima e propedeutica ad un’ulteriore complessità. Siamo proprio sulla sommità di Bussia, fra Monforte e Castiglione Falletto, con vigneti che arrivano però a comprendere altri Cru molto significativi: da Villero a Cannubi, fino a Castellero. Grande rispetto per la tradizione, si diceva, ma una pulizia esecutiva e una costanza qualitativa degni della massima attualità realizzativa; e non soltanto con il Nebbiolo, di cui abbiamo già tessuto indirettamente le lodi per via dei nobilissimi ambiti da cui provengono le diverse uve (i Fenocchio furono tra i primi a dedicarsi alle vinificazioni separate dei diversi Cru), ma anche relativamente alla Barbera, ulteriore riuscito tassello aziendale. Schietta, pimpante e vinosa, dai ricordi di viola e di frutti di bosco, si concederà con beva conviviale, solare e sorridente.
(Fabio Turchetti)
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