Anche se parliamo di una delle aziende toscane di riferimento già abbondantemente affermata, il suo I Sodi di San Niccolò resta un vino sempre e comunque intrigante. Uscito per la prima volta nel 1977, è diventato, insieme ad altri illustri nomi della Toscana enoica uno dei portabandiera di quella fortunata serie di vini detti “Supertuscan”, ma con una “marcia”, diciamo, in più. Oggi, infatti, in un momento in cui proprio quella tipologia non sembra avere più lo stesso appeal, soprattutto con le etichette a base prevalente di vitigni francesi, I Sodi di San Niccolò, insieme a pochi altri, fa parte di quella categoria che qualcuno ha definito degli “Ipertuscan”, ossia di quei vini capaci di raccontare il proprio profondo legame identitario come e meglio delle etichette Doc/Docg. Merito del suo essere un Sangiovese quasi in purezza (il saldo di Malvasia Nera - cioè di Tempranillo, è la ricerca sul Dna a dircelo - è sempre stato piuttosto ridotto) ma, soprattutto, merito del luogo in cui nasce: Castellina in Chianti. La versione 2015, affinata in barrique nuove per il 50% per 24 mesi, possiede al naso fruttato rigoglioso con speziatura, vaniglia e liquirizia a rifinitura. In bocca, la struttura è solida ed articolata, mossa però da una verve acida ficcante e precisa, che dona al sorso contrasto e profondità. Finale in crescendo, con ritorni fruttati e cenni ferrosi ad impreziosirlo.
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