Un piccolo prodigio irpino, da un’azienda di qualità conclamata ma non proprio tra quelle più alla ribalta. Intanto un vitigno, il Fiano, non ancora del tutto “esplorato” come corrispondenza espressiva alla singola vigna ove viene prodotto, capacità di evolvere, duttilità nel rispondere a diverse tecniche di vinificazione. Infatti la famiglia Bruno sperimenta la permanenza su fecce fini in un’ottima selezione, detta APE. Ma definire “base” questo altro Fiano è francamente riduttivo. La vigna non è troppo vecchia, giusto 15 anni; il sito è impagabile: a Parolise e soprattutto a Lapìo le polveri vulcaniche lasciano penetrare le radici fino a un sostrato argilloso che trattiene l’acqua ma solo in profondità, senza rischi di ristagni di umidità e malattie fungine, e nemmeno di sofferenza della pianta in annate troppo siccitose. L’altitudine di 450 mt slm garantisce salutari gradienti termici giorno-notte, ottimali per bucce perfette; l’esposizione Sud Est fornisce maturazioni lente e regolari. Mettici la cura certosina in vigna, ed ecco un vino paglierino brillante, ancora petillant ma di bella densità nel bicchiere. Il naso è già espresso, maturo di agrumi, fresco di erbe aromatiche e biancospino, di irruente presenza salina; che forma la spina dorsale di un palato pieno ma non pesante, l’acidità perfettamente integrata, i dettagli aromatici che tornano puntuali in un finale interminabile.
(Riccardo Margheri)
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