Il vulcano spento di Roccamonfina è una location super, punto di riferimento preciso per chi ha rinnovato il culto della vite e del vino nella zona del Massico, là dove è celebrato e radicato forse il primo brand d’eccellenza in assoluto di Enotria, quel Falerno che – è ovvio, pur apoditticamente diverso dal suo omonimo odierno - ha prove documentali di gloria e fama bimillenarie. È con vista e radici in zona ex vulcano che lavora Fattoria Pagano, tra l’Appia e il Monte eponimo dell’area. In bio, per scelta meditata e favorita dalla contingenza felice regalata dal terreno speciale e dal mesoclima. Diciotto anni di vita, i Pagano (prima Antonio, ora Angelo) in sella, Falerno come primo trofeo, ma anche Falanghina (in due versioni: la più fresca e tipicissima, d’annata, e l’Anima, più ambiziosa, da raccolta tardiva, complessa e strutturata), e un nervoso Piedirosso, teste perfetto del contesto geologico ove nasce. Quanto ai Falerno, sono anch’essi due. L’importante, sontuoso e più tardivo Angelus (da sentire!) e il pimpante giovanotto Gaurasi. Anche per motivi di stagione (provatelo fresco, a 15°) e di bevibilità più easy abbiamo scelto il secondo. Mix di Aglianico e Piedirosso, legno ma solo per “respirare” (usato e in parte di terzo passaggio), frutto tanto, e tannino “piccante” ma del giusto peso, un welter svelto, ficcante, assolutamente da tavola estiva. E dal prezzo “cortese”.
(Antonio Paolini)
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