Sorpresa: il tasso di mortalità tra i consumatori moderati di alcol è più basso rispetto agli astemi ed a chi, al contrario, ne abusa. È il risultato, che cozza decisamente con un momento storico in cui salute e cura del corpo sono praticamente un mantra universale, dello studio “Alcoholism: Clinical and Experimental Research”, che ha preso in esame i dati sulla salute di quasi 8.000 persone residenti negli Stati Uniti in un periodo di 16 anni, analizzati da un equipe di ricercatori dell’Università della Columbia e dell’Università di Boston. Dopo la recente vulgata secondo cui non esistono livelli di consumo sicuro, a causa della cancerogenicità dell’alcol, lo studio riporta in un certo senso le lancette indietro di qualche anno, quando si mettevano in relazione consumo moderato e salute, rimettendo in discussione se non la cancerogenicità dell’alcol, perlomeno la sua effettiva dannosità, che dipenderebbe dalla quantità di alcol assunto.
Quello che si domandano i ricercatori, essenzialmente, è se sia valido, per le bevande alcoliche, ciò che è già stato dimostrato con il caffè, che ha effetti benefici in piccole dosi quotidiane ma che può rivelarsi dannoso per la salute se se ne abusa, a prescindere però dalle tipologie degli alcolici (fermentati come vino, birra o sidro oppure distillati come whisky, vodka e liquori), che non sono state segmentate dai ricercatori. Lo studio poggia sull’analisi dei dati dello Studio sulla Salute e la Pensione realizzato, negli Stati Uniti, nell’arco di anni, dall’Istituto Nazionale sull’Invecchiamento e dall’Amministrazione della Sicurezza Sociale, che ha coinvolto 20.000 partecipanti. I ricercatori, così, si sono focalizzati su 7.904 casi, di persone nate tra il 1931 ed il 1941, con dati sui loro consumi di alcolici e sulla loro salute nell’arco di 16 anni, dividendole in cinque categorie: bevitori occasionali (1 o 2 unità al mese); consumatori moderati (1 o 2 unità al giorno per le donne e da 1 a 3 unità al giorno per gli uomini); bevitori che abusano (più di 3 unità al giorno per gli uomini e più di 2 unità al giorno per le donne); astemi da sempre (mai consumato alcolici nell’arco della vita); attualmente astemi (in passato erano consumatori). Gli stessi ricercatori hanno definito un’unità come un bicchiere di vino o uno “shot” di distillato, e nell’analisi sono stati inclusi fattori come il livello socio economico, il tabagismo, l’indice di massa corporea, ed in generale tutti quegli aspetti che possono influenzare l’indice di mortalità.
I risultati ottenuti, così, si sono mostrati in tutta la loro originalità. Innanzitutto, gli astemi, di entrambe le categorie, mostrano il tasso di mortalità più alto, sia tra gli uomini che tra le donne, superiore a quello dei bevitori occasionali e persino, con grande sorpresa dei ricercatori, dei forti bevitori. Il tasso di mortalità più basso, invece, sia tra gli uomini che tra le donne, come detto, è tra i consumatori moderati, inequivocabilmente i più longevi. La ricerca ha quindi rivelato come i fumatori e gli obesi, indipendentemente dal livello di consumo degli alcolici, hanno un tasso di mortalità superiore alle media. Una delle conclusioni più importanti cui è giunta l’autrice principale dello studio, la dottoressa Katherine Keyes, dell’Università della Columbia, è che i consumatori moderati che abbiano smesso di fumare per qualche motivo di salute, alla lunga, si dimostrano i più longevi.
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