Azienda storicamente imprescindibile, nelle vicende di quel vino un tempo definito il Barolo del nostro Sud, forse senza esagerazione alcuna. Tale veniva infatti considerato l’Aglianico, già in epoca non sospetta: quando l’informazione enologica non era di certo neanche lontanamente comparabile a quella odierna, e le pratiche vinicole risultavano sicuramente meno competenti rispetto a quelle attuali. Fatto sta che ci troviamo davanti ad una cantina fondata nel 1930, e che oggi vede alla conduzione Rocco D’Angelo, impegnato nell’attività viticola ed enologica, con la sorella Erminia, invece intenta nelle faccende amministrative. La struttura ha mantenuto le tradizionali vasche di cemento, nelle quali si lavorano le uve che arrivano da circa trentacinque ettari vitati: costituiti, oltre che da Aglianico (frutto di vigne anche in là negli anni), da Malvasia, Moscato, Merlot e da una piccola appendice di Primitivo (da qualche tempo lo Chardonnay non è più presente, in casa D’Angelo). Di rilievo un po’ tutta la batteria prodotta, nella quale l’Aglianico è declinato in modo diverso ed uguale al contempo: dati i tratti distintivi che ne tracciano il percorso, però influenzati dai diversi caratteri pedoclimatici di provenienza. In ogni caso, l’Aglianico del Vulture cosiddetto “base” mantiene tutte le promesse: frutti rossi, viola, fiori secchi, corpo, tannino solido e beva energica.
(Fabio Turchetti)
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