È l’incrocio tra due esigenze di rinnovamento- una “privata” e una di un’intera denominazione – unita alla voglia di ampliare espressività e platea, ed esplorare con arguzia l’intera gamma di potenzialità di un vitigno così generoso da “accontentare” già nella modalità più consueta - scoraggiando in parte le istanze innovative - sia chi lo produce che chi, da habituée, lo consuma. Barba di qua (azienda variegata, anime molteplici, attiva sul fronte energetico e agricolo globale oltre che vitivinicolo, taglio moderno e “rispetto” antico) e Colline Teramane, la Docg di riferimento di là: unite nell’intento di far scoprire la faccia più agile e flessibile del Montepulciano d’Abruzzo, parlando anche a un pubblico anagraficamente diverso. Ecco allora Yang; già nel sound del nome alludente alla gioventù e alla voglia di essere, nella fresca trama gustativa, giocosamente opposto (come da simbologia cinese) del vinone denso, corposo e a modo suo austero che è per molti l’antesignano del genere. Qui il gioco è velocità (18 giorni di fermentazione ma solo quattro mesi tra fecce e vetro prima di sbarcare nel mondo) e vivacità, sapidità e leggerezza, frutto e profumo, per una idea di Abruzzo 4.0 – targata Barba e curata da Stefano Chioccioli, famoso consulente, e Alessandro Peliccioni, attentissimo “resident” - che è il rovescio (Yang appunto) della sua gloriosa ma rocciosa storia millenaria.
(Antonio Paolini)
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