Quando si dice qualità e quantità. Oppure quando ci si interroga, con tutte le pregiudizievoli perplessità del caso, sull’eventuale incompatibilità fra gestione familiare e grandi numeri, o magari sulla continuità dinastica e al contempo il controllo manageriale su milioni di bottiglie. Tutte argomentazioni aprioristicamente conflittuali, almeno di primo acchito, e che invece qui trovano armoniosa corrispondenza (com’usano dire i teneri di cuore) grazie agli attuali eredi di nonno Felice, che proprio ottant’anni fa decise di fondare l’azienda rilevando una struttura di cui si aveva notizia già dal 1782: azienda che oggi, grazie appunto al contributo di Gian Franco Dal Cero (impegnato nei vigneti) e dei fratelli Igino in cantina e Anna Maria a tirar di conto procede a spron battuto col vessillo del Lugana, a simboleggiare una denominazione in ascesa anche grazie al loro prezioso contributo. Già il coraggio di aver puntato sul Turbiana, in zona dove dominavano il Tocai e alcune uve rosse, la dice lunga sulla rivoluzione apportata da Ca’ dei Frati, che ancor oggi vede le sue diverse etichette di Lugana coprire all’incirca il 90% della produzione complessiva. Il Lugana I Frati, nello specifico, è in tal senso il protagonista assoluto: tipico nelle sue note sulfuree legate a idrocarburi, sapidità e agrumi, si conferma analogo al palato, conferendo bella personalità all’assaggio.
(Fabio Turchetti)
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