A provare a metterle in fila tutte, quasi non basterebbe lo spazio di un romanzo storico: tentiamo però di fare ordine, speranzosi. Innanzitutto i protagonisti dell’articolata vicenda: due fratelli milanesi che un bel giorno (si era agli inizi degli anni Ottanta), affacciatisi su un angolo meraviglioso dei Colli Piacentini, si mettono di buzzo buono per dedicarsi al vino in un ambito dove quella bevanda, spesso e volentieri, veniva al massimo considerata poco più di un elemento semplice e di schietta convivialità. Ecco allora che, armati invece di intenzioni rigorose e impegnative, decidono di fare dell’azienda acquisita un mix di tipicità territoriale, potenzialità internazionale, sperimentazione oculata ed eco-sostenibilità certificata. A partire dalla saggia ripartizione fra vitigni non autoctoni, Sauvignon e Cabernet su tutti, e uve saldamente rappresentative delle abitudini enoiche locali: da cui etichette classiche quali Gutturnio e Malvasia proposte anche in versione frizzante, come filologicamente giusto che sia. Si diceva poc’anzi di un territorio meraviglioso: dove i diciannove ettari vitati si alternano a laghi, boschi, verde e azzurro, in un cocktail che a questo punto non poteva non esortare i Pizzamiglio ad una viticoltura minimamente interventista. Un vero Sorriso di Cielo: solare, espansivo, franco, nitido, varietale. Da intenerire anche i cuori più rocciosi.
(Fabio Turchetti)
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