Il vecchio nome dell'isola di Salina, nell'arcipelago delle Eolie, era Dydime, ovvero gemelli, facendo riferimento ai doppi colli vulcanici che oggi costituiscono i monti Porro e Fossa delle Felci. In mezzo c'è una valle, Valdichiesa dedicata quasi esclusivamente all'agricoltura e in particolare alle vigne di Malvasia delle Lipari. Una terra benedetta da suoli anticamente vulcanici - e quindi molto fertili - da una continua ventilazione (e quindi zero ristagni e nessun pericolo di marciume). Qui Antonio Caravaglio, dell'omonima azienda dell'isola, coltiva parte delle sue uve che attendono la giusta maturazione. Qui nasce il Chianu Cruci, un'interpretazione macerata della Malvasia (più un 20% di altri vitigni bianchi autoctoni), lasciata a contatto sulle bucce per una decina di giorni, anche se non esiste un protocollo rigido che anzi Nino ama cambiare a seconda dell'annata. In seguito, il vino viene separato dalle bucce e viene lasciato ad affinare in contenitori d’acciaio fino alla primavera successiva. Per alcuni è un azzardo, ma a Caravaglio le sfide piacciono e della Malvasia ha sempre regalato diverse letture. Questa è gustosa, ricca di quella delicatezza tipica dell'uva, ma anche carica di quella salinità che circonda le vigne, Dei macerati ha la struttura, il corpo di un vino che è ben presente in bocca, di Salina ha la gentilezza di una beva fresca e mediterranea.
(Francesca Ciancio)
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