Chiamatela pure la prova del 10. Scomponibile in otto più due. Perché queste cifre? Beh, perché in Champagne sono quelle delle annate top d’avvio di secolo. Per cui si son spesi commenti tipo: 2002, il classico ideale; 2008, un hit per forza ed equilibrio. Ben altro invece il profilo della 10. Vendemmia ardua, ingrata. E complicata in casa Dom dalla successione (affettuosissima, ma fresca e importante) tra Richard Geoffroy e Vincent Chaperon. Dunque, doppia sfida: restare ai livelli del brand, e salvare sin dove possibile la linea produttiva (il Dom si fa sempre, e con tirature un dì impensate) varata da Geoffroy. Lavorando su un’annata partita fresca e rimasta tale fino a estate inoltrata, ma per annegare, da Ferragosto, sotto vere bombe d’acqua. Il seguito è stato guerra: anticipando il grosso della vendemmia e portando a casa in primis lo Chardonnay, visto che il Pinot “eleggibile” era già scarsino. In compenso, la somma tra anticipo e fresco pre diluvi ha dato un’uva bianca tirata in acidità e ampiezza, e precursori d’aromi non bruciati. Il risultato? In divenire, ma già centrato sui fondamentali: erbe officinali, frutta bianca e tropicale, lieve tostato al naso; impatto deciso d’agrume, tattilità e salinità al gusto, con finale di buccia d’arancia e papaya. Un vino a suo modo bipolare, tosto ed elastico insieme, e dal futuro che si prospetta nettamente superiore alle prime attese.
(Antonio Paolini)
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