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LO SCENARIO

Enoturismo: dopo la crisi del 2020, per 8 cantine su 10 nel mondo sarà un decennio in crescita

Il sondaggio Winetourism.com. Nell’anno appena chiuso perdite ingenti, tra il -50% e il -80%. Il ritorno a livelli pre-Covid nel 2022
ENOTURISMO, FUTURO, vino, Mondo
Enoturismo: in volo in mongolfiera sui vigneti della griffe Caprai, a Montefalco

Il 2020, ovviamente, è stato un anno nerissimo anche per l’enoturismo, mondiale ed italiano, di fatto quasi azzerato, se non nella parentesi estiva, almeno per il Belpaese. Non di meno, le cantine del mondo che puntano sempre più sull’accoglienza e sulle esperienze in vigna ed in cantina non perdono l’ottimismo, e se un ritorno a livelli pre-Covid è previsto, realisticamente, non prima del 2022, nell’orizzonte a 10 anni, ben l’80% degli operatori prevede una crescita nei propri territori. È la sintesi estrema del sondaggio del portale specializzato Winetourism.com, che, alla fine novembre 2020, ha raccolto le risposte e gli umori di oltre 1.200 cantine da 34 Paesi, di cui il 38% dall’Italia, il 14,8% dalla Francia ed il 10,5% dalla Spagna.
Nel complesso, guardando al 2020 appena chiuso, la maggior parte delle imprese (il 53%) ha perso tra il 50% e l’80% del fatturato enoturistico rispetto al 2020, con una buona fetta che ha denunciato perdite anche superiori, mentre per il 31% la perdita è stata tra il -10% ed il -50%. Nel crollo complessivo, ovviamente, a tracollare è stato il turismo internazionale, con 8 cantine su 10 che hanno perso tra il 50% ed il 90% dei visitatori stranieri. Una situazione che, probabilmente, migliorerà solo leggermente nel 2021, e che imporrà, come detto più volte, di ripensare un’offerta enoturistica più mirata al turismo nazionale e locale. Ciò non dimeno, prevale l’ottimismo per il futuro: nel complesso, il 31% delle cantine pensa che si tornerà alla normalità già nel 2021 (dato che per l’Italia si ferma al 29%), mentre il 58% stima un ritorno a livelli pre-Covid nel 2022, e solo una cantina su 10 ha come orizzonte il 2023 ed oltre, in questo senso. A livello di investimenti, il 32% degli operatori ne prevede di maggiori da ora in poi, il 31% pensa di mantenere gli stessi livelli pre-Covid, e solo l’11% investirà di meno, anche se c’è una buona percentuale, pari al 26%, che su questo non ha ancora le idee chiare.
Un’altra indicazione interessante, che dice quanto ancora si possa crescere in termini di offerta e diversificazione delle esperienze, deriva dal fatto che per oltre la metà degli operatori (il 55,7%), il maggior guadano dall’enoturismo deriva dalla vendita diretta di bottiglie in cantina, mentre il 37% indica come fonte primaria le degustazioni, le visite in azienda ed altre esperienze. Con il 56% delle cantine che sottolinea come il visitatore tipo sia soprattutto chi consuma vino in maniera occasionale, piuttosto che un consumatore più sofisticato e coinvolto (14%). La parola d’ordine del futuro? Innovazione, in termini di offerta, di digitalizzazione e di capacità di adattamento ad una domanda che, almeno nel breve termine, sarà diversa da quella pre-Covid, e più soggetta a fluttuazioni legate non solo alle volontà degli enoturisti, ma anche all’evoluzione del quadro internazionale, guardando alla possibilità di tornare a viaggiare nel mondo prima di tutto.

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