La brezza fresca sul viso si sente anche d’estate, qui, tra i filari scoscesi ai piedi del Monte Bianco. La conosce bene la famiglia Charrère. Su e giù, a piedi, a lavorare manualmente queste vigne ripide, strette, irregolari. È nell’asimmetria la loro bellezza, la loro armonia. Siamo nei vigneti di Champorrette e Bufferia di Aymavilles e Frissonniere di Saint Christophe, in valle d’Aosta, tra i 550 a 750 metri di quota. Qui si coltiva la Petite Arvine, un vitigno autoctono tradizionale. Una scommessa vinta di Costantino Charrère e della moglie Imelda, una vita dedicata alla salvaguardia e alla valorizzazione di tanti vitigni autoctoni valdostani, oggi portata avanti dalle figlie Elena ed Eleonora. La storia della Petite Arvine inizia nel 1992. In quell’anno Costantino comincia a vinificarlo in purezza. È un’uva bianca che matura tardi. Si vendemmia all’inizio di ottobre. Nel nome, c’è tutta la sua etimologia: la varietà, Arvine, e la piccola taglia dei suoi acini, Petite. È un vino di montagna con quella mineralità e salinità tipiche delle uve che maturano in altezza. Ha un bel naso di fiori e frutti. Agrumi, pompelmo, frutto della passione, una nota di mela verde. La spiccata salinità lo rende perfetto con gli antipasti e i piatti di pesce, le verdure, i formaggi freschi di capra. Sperimentato con un’orata (pescata) al forno con erbe aromatiche, pepe rosa, profumata all’arancio.
(Fiammetta Mussio)
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