Probabilmente l’etichetta che ha imposto definitivamente il marchio calabrese sulla ribalta enoica del Bel Paese, il Gravello, prima annata sul mercato la 1988, è maturato per 12 mesi in barrique. La versione 2018 possiede aromi segnati da note di ciliegia sotto spirito e macchia mediterranea con accenti speziati a rifinitura. In bocca, il vino è caldo e morbido, dal sorso succoso e dalla solida persistenza finale. Librandi oggi conta su 232 ettari di vigneto coltivati a biologico e le bottiglie in media ogni anno sono 2.200.000. Numeri importanti che segnalano il peso di questa realtà, sottolineando un salto quantitativo per nulla disarmonico con la qualità delle etichette aziendali, saldamente fra le migliori della Calabria e non solo. Già perché Librandi è senz’altro il marchio che ha maggiormente influito sulla crescita enoica di questo lembo estremo del sud Italia, riportandolo, per così dire, ai fasti della sua storia antica. Un’operazione che comincia nel 1993, quando furono scelte le prime selezioni massali di Gaglioppo, messe a dimora nel 2000. Un lavoro lungo e difficile che ha dato i suoi primi frutti importanti nel 2016. Questo tanto per inquadrare il valore e l’impegno della cantina con sede a Cirò Marina, che, con la seconda generazione, Nicodemo Librandi e suo figlio Paolo, mantiene intatta la sua centralità e il suo ruolo di modello per molti produttori calabresi.
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